Sembra incredibile ma sono già passati 10 anni dalla scomparsa del Re del Pop.
Già, perché Michael Jackson era e lo sarà per sempre. Mai nessuno è stato come lui in termine di vendite, di genialità, di innovazione; in lui risiedono primati, record, numeri folli, idolatria e talento artistico sconfinato: essendo del 1979 ho vissuto marginalmente i grandi fasti del Re, più da vicino purtroppo la sua caduta dal trono e nel profondo il suo oblio. Come tanti ho scoperto M.J. dopo la sua scomparsa.
In questi anni mi sono avvicinato alla sua arte senza filtri, senza quell’immagine di lui trasfigurato dalla chirurgia estetica e catapultato in un processo così antitetico al suo essere il grande showman che tutto il mondo conosceva: la genesi della sua rovina, partita nel 2001 con Invincible e poco dopo dal documentario Living with Michael Jackson, è il triste epilogo di un uomo che è riuscito a volare troppo in alto, come un Icaro della musica, diventando vittima di se stesso e della sua vita alienata, quella condizione di solitudine e tristezza che lo ha portato ad una tragica morte.
Michael Jackson è stato la sintesi di ogni talent, l’icona di ogni divismo, la genialità di ogni forma d’arte legata allo spettacolo, è stato un fenomeno social prima ancora dell’arrivo di internet: è stato tutto e il contrario di tutto, forse l’uomo più incompreso e sconosciuto pur essendo uno dei volti più famosi del pianeta. L’infanzia mancata, l’adolescenza controversa, il business man astuto della musica mondiale, il genio assoluto, il benefattore per migliaia di bambini, l’orco mediatico e molto altro ancora: pochi uomini hanno avuto il privilegio e la sventura di vivere come lui.
A 10 anni dalla sua dipartita, riaffiorano le macchie del processo per pedofilia riportate sulla scena mediatica dal documentario Leaving Neverland, offuscando oggi ogni evento commemorativo degno di un Re, un’accusa per la quale Jackson fu assolto totalmente ma dalla quale la sua immagine non ha fatto in tempo a staccarsi completamente. La fuga repentina dal mondo terreno, improvvisa, oscura dell’uomo che visse più volte lascia in ogni caso un vuoto artistico davvero grande: che cosa avrebbe potuto fare Michael in questi 10 anni? Con la globalizzazione 2.0, con il mercato discografico in crisi, con il nuovo modo di fare spettacolo che cosa avrebbe potuto dare al mondo della musica? A mio parere tanto.
Se oggi una buona parte dello showbusiness attinge ispirazione dal mondo artistico creato da Michael Jackson credo che il Re avrebbe potuto regalarci ancora molte emozioni, ispirazione, spettacolo: lo sconfinato talento che lo animava avrebbe sicuramente fatto crescere il mondo dello spettacolo, oggi ancora orfano di uno suo successore.
Tuttavia, dopo trionfale tour del 1997 in poi, salvo la triste parentesi di Invincible, l’ultimo album di inediti, Micheal Jackson ci aveva già lasciati, isolato nel silenzio di musica e spettacolo in cui ha trascorso gli ultimi anni della sua vita, un esilio dal quale non ha fatto più ritorno. O forse no?
A 10 anni dalla sua scomparsa la mia domanda è questa: esiste un genere, una danza, un’icona che non abbia trovato in Michael Jackson un elemento chiave del proprio successo? Se ci pensiamo bene la risposta è evidente ed è per questo che il Re del Pop continua a vivere.