domenica, Novembre 24Settimanale a cura di Valeria Sorli

4 Dicembre- Santa Barbara, raccontata da Don Luca Roveda

Il 4 dicembre, si festeggia la celebre Santa Barbara, invocata contro la morte improvvisa per fuoco, patrona dei minatori, protettrice da fulmini e saette, patrona degli addetti alla preparazione e custodia degli esplosivi, più in generale, di chiunque rischi di morire di morte violenta e improvvisa. Santa Barbara è anche protettrice della Marina Militare italiana, dei Vigili del fuoco, delle Armi di Artiglieria e Genio; oltre che dei geologi, dei montanari, dei lavoratori nelle attività minerarie e petrolifere, degli architetti, degli artisti sommersi e dei campanari, nonché di torri e fortezze, dei dipendenti Anas, dei Cantonieri ecc. La Santa nacque nel 273 d.C. in Asia Minore, nell’attuale Izmit, porto della Turchia, a quei tempi Nicomedia, per poi trasferirsi, seconda una delle tradizioni, a Scandriglia, in provincia di Rieti, poiché il padre, fanatico pagano, era un collaboratore dell’imperatore Massimo Erculeo, che gli aveva donato ricchi e vasti possedimenti in Sabina. Barbara, con una vita riservata, intenta allo studio, al lavoro e alla preghiera, aveva una spiccata intelligenza, era portata alla meditazione, si mostrava sensibile ad accogliere il verbo della nuova fede cristiana che condannava l’idolatria, il fasto e le ingiustizie del Paganesimo ed era una bellissima ragazza, richiesta in sposa da molti pretendenti, sebbene non avesse intenzione di convolare a nozze, poiché desiderosa di consacrarsi a Dio. Il padre, Dioscuro, di religione pagana, non accettando la sua decisione, fece costruire una torre per rinchiudere la fanciulla al suo interno, tenendola, così, alla larga dai suoi numerosi pretendenti. La ragazza, prima di entrare nella torre, volle immergersi  tre volte nell’acqua in una piscina vicina all’edificio per ricevere il sacramento del Battesimo. Per ordine di Dioscuro, la costruzione avrebbe dovuto avere due finestre, ma Barbara volle aprirne tre in onore della Santissima Trinità. Fu allora che il padre, venuto a conoscenza che la figlia si professava cristiana, decise di ucciderla. Barbara, passando miracolosamente tra le pareti della torre che la imprigionava, fuggì ma, tradita da un pastore, cadde nelle mani del padre, mentre, per castigo divino, il gregge del pecoraio si tramutò in uno sciame di scarabei. Dioscuro la trascinò davanti al giudice affinché fosse torturata e uccisa. Quest’ultimo decise di far avvolgere il corpo della fanciulla in panni rozzi e ruvidi, tanto da farla sanguinare in ogni parte. Durante la notte Barbara ebbe una visione e fu completamente risanata. Il giorno seguente, il giudice la sottopose alla tortura con piastre di ferro roventi, ma le fiamme, accese per tormentarla, si spensero quasi subito, ma non ancora contenti, Barbara venne frustata e condotta nuda per la città, ma lei tornò miracolosamente vestita e sana. Alla fine, il giudice le impose il taglio della testa e Dioscuro stesso eseguì la sentenza. Mentre la testa di Barbara cadde al suolo, una saetta discesa dal cielo, incenerì il suo crudele padre. Emblematico l’episodio leggendario  ummenzionato, secondo cui, non appena la testa recisa di Barbara cadde a terra, un fulmine scoccando dal cielo, incenerì il padre. Il fulmine, simbolo di una giustizia più simile a una vendetta, è il particolare-chiave della devozione per la Santa nei secoli e non a caso, è invocata a proteggere dai fulmini. Con l’invenzione della polvere da sparo e delle armi da fuoco, sembrò che anche l’uomo fosse in grado di scagliare folgori altrettanto improvvise e mortali.   Fu così che il culto di Santa Barbara si diffuse tra coloro che maneggiavano “il fulmine” artificiale: artificieri, cannonieri, pirotecnici, artiglieri, fochisti e vigili del fuoco. Santa Barbara fu percossa con le verghe, torturata col fuoco, subì il taglio delle mammelle e altri atroci tormenti, sino ad essere decapitata per mano del padre, a sua volta incenerito, subito dopo da un fulmine. Secondo la tradizione, le verghe con le quali il padre la picchiava, si trasformarono in piume di pavone (tanto che la Santa viene a volte raffigurata con questo simbolo) ed è dolcissimo l’episodio della fanciulla che supplica il Signore di coprire le sue nudità. Barbara infatti, non implora Dio quando i suoi carnefici infieriscono sul suo corpo, ma quando la espongono al disprezzo della gente.                                   Ecco che nuovamente il Signore interviene, inviando una schiera di angeli che ricoprono la fanciulla con candidi veli per coprirne le carni torturate. Il corpo della Santa, dal 1009, è venerato nella chiesa veneziana    di S. Giovanni Battista a Torcello. La reliquia del cranio era custodita prima in un busto ligneo, poi in uno di metallo, nella chiesa di S. Barbara dei Librari. Con la soppressione della parrocchia di S. Barbara, il 15 settembre 1594, la reliquia venne portata all’isola di Murano a Venezia