Da bambino raccontavo una bugia che solo una tirata di orecchie da parte di mamma, richiamata dalla maestra di prima elementare, per chiarire le origini della mia nascita, mise fine a quel racconto così fantasioso, così convincente, che faceva parte della mia vita. Autoconvinto e soprattutto creduto da molti, anche se alcuni finsero di credermi, ma io ero nato proprio così! Papà era in guerra in Albagnia (così pronunciavo il nome del Paese oltre l’Adriatico), e il suo tenente cappellano,questo è vero, un toscano di nome Alviero, venne colpito da una mina, mio padre lo soccorse e lo portò ferito gravemente in infermeria, ma il prete non sopravvisse, fece giusto in tempo a dirgli “se avrai un figlio maschio, chiamalo come me, Alviero” e poi spirò. Ecco l’origine del mio nome in questa romantica, drammatica, ma vera storia. Non mi astenevo ad aggiungere che mamma che era anche lei lì “che assurdità”! A guerra finita, presero l’aereo ed io nacqui sul velivolo, in Albagnia. Ce ne vuole di fantasia, ma questa per fortuna non mi è mai mancata. All’inizio delle elementari “vantavo” questa mia diversità dagli altri bambini con questo nome (vero) e con la nascita fuori “provincia”, che già mi stava stretta nell’infanzia. Raccontavano a tutti gli scolari e ai loro genitori questa mia singolarità, finché la mia bugia, arrivò alle orecchie della maestra, la quale chiamò mia madre per delucidazioni. Fu una magra figura e dopo una grande risata di tutti quelli che avevano scoperto la mia bugia, tornai a casa diventando lo zimbello di tutta la mia famiglia. Certamente non mancò uno schiaffetto di papà, ma per fortuna piano, piano si spense questa storiella, anche se io continuavo a portarmela dentro, perché mi piaceva essere nato su un aereo in Albagnia! Questo episodio lo accantonai per anni, poi preso possesso del mondo con i primi viaggi, mi tolsi la “provincia di dosso”, e cominciai con ironia a raccontarlo, chiaramente come una marachella infantile, e ancora oggi, scherzando quando mi chiedono delle mie origini, dove sono nato, rispondo, “Albagnia” e così l’ho raccontato migliaia di volte, sempre suscitando divertimento e allegria.
In Albania ci sono passato a 18 anni, quando con la 500 blu in compagnia di quattro amici. da Cuneo raggiungemmo Atene, scendendo giù per tutta la costa che allora era chiamata in generale Jugoslavia, fermandoci a dormire a Durazzo, senza però cercare il mio finto luogo natio, anzi, neanche mi venne in mente che Durazzo potesse appartenere all’Albania.
L’ho scritto anche nella mia autobiografia, e tutt’ora il leit motiv delle prese in giro è proprio su questo argomento; volte vengo chiamato “ecco l’Albanese”!
In questi giorni sono stato invitato a visitare una azienda a Tirana, e non mi pareva vero di tornare “a casa”. Finalmente sono stato in Albania, che dopo la guerra ha subito 50 anni di regime, il peggiore stato comunista, stalinista, isolazionista, antirevisionista, con il terribile Enver Halil Hoxha, destituito finalmente nel 1985. Fu coì terribile questo despota, che separò famiglie intere, mandando gli uomini a vivere obbligatoriamente nelle montagne mentre le donne restarono nei campi, e in molti casi si riunirono solo dopo molti anni, purtroppo in molti fuggirono, lasciando affetti, beni e ricordi.
Il Dittatore era così ossessionato che fece costruire ben 800.000 bunker, su una popolazione di 3 milioni di abitanti, ragione per la quale il Paese non aveva nessun aiuto da altri stati aversi al regime, per essere preso in considerazione. La ex Unione Sovietica abbandonò persino Hoxha, che passò in un baleno alla Cina di Mao con le stesse restrizioni di prima. Sconfitto il comunismo nell’87, iniziò un travagliato periodo tra collasso economico e disordini sociali, che culminò nell’anarchia albanese. L’anno successivo si svolsero le elezioni e da quel giorno divenne una Repubblica democratica con regolare parlamento.
Ricorderete anche voi i gommoni che da Durazzo sbarcavano a Brindisi proprio negli anni 85-90, né più né meno di quel che succede oggi dalla Libia verso Lampedusa.
Dopo alcuni anni difficili, nei primi anni di questo millennio, iniziò una strategica ricostruzione del Paese, oggi modernissimo e in piena crescita che si può paragonare ai nostri anni 60, dove ancora coesistono i bunker vicino a palazzi modernissimi. Persino lo studio Boeri ha realizzato un “bosco verticale “, e la città è vitale con centinaia di pub, bar e ristoranti, in particolare nella zona chiamata Bullock, dove la gente si riversa nella dolce vita locale.
La gente è molto ospitale, cordiale e accogliente a parte i giovani che non hanno vissuto la tragedia del tiranno, tutte le persone intorno ai cinquant’anni che ho incontrato, ognuno mi ha raccontato storie di vita incredibili ma oggi fieri di aver ricomposto un nucleo famigliare, di essere proprietari di un’attività, di godersi macchine lussuose, di avere una squadra di calcio riconosciuta dalla FIFA, di avere alberghi lussuosissimi come il Plaza che è adiacente alla gigantesca Scanderberg, l’eroe nazionale celebrato per aver sconfitto i turchi secoli addietro, con monumento equestre proprio sulla Piazza.
Un’altra curiosità che ho scoperto è che Madre Teresa di Calcutta, in realtà nacque a Skopje, Albania. La convivenza di più religioni: cristiani, musulmani, ebrei ed ortodossi è assolutamente pacifica, come l’atmosfera che si percepisce camminando per le strade, parlando con la gente e molti di loro parlano perfettamente italiano, avendo captato per anni i programmi Rai, di Telenorba e persino Rete 4. I giovani invece parlano inglese la lingua d’obbligo alle scuole statali.
Insomma, finalmente sono tornato “a casa”, quella casa inventata da bambino, ora è reale nella mia mente, e nel mio cuore. e presto ritornerò a visitare l’intero paese. “Albania si dice, non Albagnia, testone!”