venerdì, Novembre 22Settimanale a cura di Valeria Sorli

Alviero Martini: «Meno pregiudizi e più diritti LGBT»

L’espressione inglese Gay pride (letteralmente: “orgoglio gay“) richiama in italiano due concetti distinti: quello di “Fierezza gay” e quello di Pride Parade, la marcia dell’orgoglio gay che mantiene in vita la memoria dei moti di Stonewall del 1969.

Attualmente si preferisce spesso usare solamente l’appellativo Pride, che comprende tutte le realtà arcobaleno.

L’orgoglio di essere quel che si è, da parte delle persone omosessualiresa del termine inglese pride ha creato in italiano numerosi equivoci attraverso la traduzione più usata, “orgoglio” (che in italiano è anche sinonimo di “superbia”), mentre la traduzione più corretta sarebbe semmai “fierezza”, cioè il concetto opposto alla vergogna, vista come la condizione in cui sono state costrette a vivere, in passato, la maggior parte delle persone omosessuali.

L'”orgoglio” si basa su tre assunti:

1.che le persone dovrebbero essere fiere di ciò che sono,

2.che la diversità sessuale è un dono e non una vergogna,

3.che l’orientamento sessuale e l’identità di genere.

L’uso più diffuso affermato in Italia, e all’estero, è quello come abbreviazione di “Pride Parade”, cioè “Marcia” (o “Manifestazione”) “dell’Orgoglio”. In questo senso nel linguaggio colloquiale “Pride” indica normalmente   la manifestazione e le iniziative che si svolgono ogni anno in occasione della “Giornata dell’Orgoglio LGBT“, nei giorni precedenti o successivi alla data del 28 giugno, che commemora la rivolta di Stonewall di New York del 1969, data simbolica di inizio del movimento di liberazione omosessuale.

Tuttavia il primo Pride Nazionale si svolse a Roma nel 2007, e da allora, in tutte le città italiane si organizzano raduni, parate, manifestazioni, alle quali ci si sono aggiunte le famiglie arcobaleno, e pronti a lodare ogni iniziativa che abbatta barriere in virtù della libertà, d’identità,  tuttavia mancano sempre di una leadership, che ogni anno, in ogni luogo il politico di turno si assume l’onere e gli onori di passare per paladino dei diritti umani e civili, e dietro di lui una sfilza di gruppi, carri allegorici, che spesso non contribuiscono alla causa, ma diventano solo un’accozzaglia di ideologie senza un vero Manifesto. Quest’anno a Milano, si è fatto carico il Sindaco Sala, e si sa l’autorità di turno si avvantaggiano di interviste TV, dicendo la qualunque  e pare essere l’essere più generoso di questo mondo, Partecipava anche la Cirinnà, convinta sostenitrice , e un  sbiadito Pisapia.  Ma non è questo che serve; serve veramente l’abbattimento delle barriere, la compattezza del gruppo, l’inserimento vero nella società che NON SI PERMETTA DI DISCRIMINARE!

ll mio primo Pride l’ho vissuto  a New York nel ’92, partiva da Central Park per approdare al Village, e il carro inziale era composto dalla meravigliosa  Cyndi Lauper e via uno dietro l’altro, i familiari di guerra del Vietnam, con figli gay morti in guerra, i genitori o parenti di figli omosessuali, gruppi di avvocati gay,  di operai, di casalinghe, tutti senza necessariamente travestirsi da carnevale, come invece è diventato il Pride Italiano. Certo che il colore aiuta, non solo lo spettacolo ma la causa, ma si è finiti spesso per eccedere nei mostrare meravigliosi ragazzi in mutande con corpi da urlo, parrucche indecenti, travestimenti al limiti della dignità, superiori a qualunque carnevale,   ma senza un fondo di logica comune, di quel senso del “manifesto” che il Gay Pride ha bisogno.

La seconda esperienza è davvero comica: era a Treviso, 3 anni fa, e combinazione quella sera c’era il gay pride in città; immaginate in un luogo leghista al 100%100,  50 poveri scalmanati su un palco ad avvicendarsi solo facendo mucica (messaggi zero) e 200 militari in assetto di guerra, manco i gay fossero belve umane da tenere a bada con scudi e getti ’acqua per calmare i loro animi. Quei 50 coraggiosi non facevano altro che manifestare la loro appartenenza ad una civiltà che nulla a che fare con la guerriglia. Poi ho partecipato a quella di Milano, ma la storia non cambia: finche’ si fa spettacolo (bene venga anche quello, per carità, utile alla causa) e non si fanno patti concerti, e  si instaura nella mentalità di perbenisti benpensanti che solo la famiglia vera ha ragione di esistere, non si va da nessuna parte. 

Poi ci mancano politici del medio evo, come Antinolfi e Calderoli e la guerra si inasprisce. 

Anni fa una cara ex amica, decise di scendere i politica, estrema destra, e all’ultima settimana dal voto mi chiama, per chiedere consensi: hai sbagliato tutto le dissi, hai condotto una campagna elettorale così ovvia, senza tenere conto della GRANDE comunità LGBT, tra l’altro tu, icona gay, avresti raccolto migliaia di voti, perché sei Glamour e la comunità non è insensibile a questo argomento…. “dici?,” mi chiese, certo che dico “allora questa settimana punterò su questo… troppo tardi le dissi, ti contraddiresti. E così fu, non vinse mai la sua battaglia, tuttavia entrò in parlamento, dove risiede tutt’ora, ben lontana dal sostenere i diritti civili degli omosessuali. Le recenti e quasi quotidiane discussioni se affidare i figli a coppie omosessuali, mi ha disgustato: partiamo dal principio che abolirei persino i matrimoni etero (li vuole solo la chiesa) e sancirei patti ben precisi tra partner, di sesso opposto o uguale, con i veri diritti, basati sull’amore e non sul possesso di beni ma sull’amore che ognuno è in grado di dare ai figli, che si trovino con un padre e una madre, due padri o due madri, ma di amore si tratta, non di schemi voluti dalla società, china, prostrata alla Chiesa, che ti vuole unito in matrimonio per tutta la vita, nella buona e cattiva sorte, nella felicità e nella disgrazia…. Ma questi sono argomenti che sono insiti in noi e non è un matrimonio che mi lega, o obbliga, è la mia morale, basata sull’Amore, libera di amare, nel rispetto dell’etica morale. 

Proprio il giorno prima del gay Pride di Milano, un amico mi porta a conoscere suo fratello, 21 anni, maggiorenne, che ha fatto coming out in casa: apriti cielo! Vivono a Varese, (non in cima ll’Himalaya), e la guerra che si è scatenata nella madre è inaudita: ha tirato fuori tutta la sua dura infanzia e ora colpevolizzava il malcapitato ragazzo (tra l’altro un tranquillo essere umano con un lavoro dignitoso) e sicuramente quella da curare è la madre, poiché il ragazzo ha ben risolto la sua identità sessuale…. Questo è stato il motivo per cui ho deciso di partecipare al Pride di Milano, ma ancora una volta deluso dalla mancanza di identità, rappresentata da mille comunità, ma senza un portavoce che urli al mondo intero il risveglio delle coscienze: ognuno è libero di esprimere il proprio amore, attraverso la propria sessualità senza dover fare i conti con la società. Questo è il diritto vero  al quale ambire e non sentirsi dire: “io ho molti amici  gay, io non lo sono, ma tollero e devo dire che li trovo divertenti, a volte anche più geniali di tanti amici nostri, anche architetti o pittori, ma i gay sono più avanti!”… Non ce ne importa nulla della vostra tolleranza, della vostra compassione ed ammirazione, ci importa che siate leali, eticamente corretti e che non vi  sfiori neanche per la testa che se per caso il vostro amico, o figlio, o parente, ha gusti sessuali diversi dai vostri! Forse noi critichiamo la vostra perbenissima relazione, fatta di corna e tradimenti? NO, non ce né può fregare di meno, a meno che vengano a mancare il rispetto per l’essere umano. Amore, quello, è quello che serve nelle relazioni, di qualunque genere esse siano. 

Amore, e ancora amore. E rispetto da parte di tutta la comunità , senza pregiudizi, senza giudizi, senza abusi.