sabato, Novembre 23Settimanale a cura di Valeria Sorli

Andrea Iannuzzi- Il Festival, cult senza tempo

Il Festival di Sanremo 2021 è oramai alle porte (anche se blindate)!  Per l’occasione abbiamo incontrato un grande esperto di musica e spettacolo, Andrea Iannuzzi, giornalista, autore televisivo, responsabile ufficio stampa, nonché un grande amante del Festival, manifestazione da sempre seguita con professionalità, attenzione ed affetto. Andrea, un opinionista che… piace!

Andrea a quando risale il tuo primo Festival?

Al 1989 come inviato di una radio privata: ero giovanissimo e l’emozione fu così grande che proprio in quel momento capii che lo spettacolo sarebbe stato il mio mondo.  Fu un Festival davvero unico, con un cast pazzesco e molto sperimentale: dal grande ritorno di Mia Martini con Almeno tu nell’Universo, a Marisa Laurito, volto celebre di Domenica in come cantante in gara, dal debutto di Jovanotti al duo Oxa-Leali con Ti lascerò. Fu fu Sanremo davvero grandioso, organizzato dal patron Adriano Aragozzini con un taglio molto coreografico, sfarzoso e ricco di polemiche, dapprima per la scelta dei conduttori! Proprio dal questo Festival partì la rinascita di Sanremo, inteso come uno show grandioso, dai grandi ascolti e punto nevralgico della discografia italiana, un volto che il Festival ha saputo mantenere fino ad inizio Millennio.

Passano gli anni, tutto cambia ma il Teatro Ariston resta un punto di riferimento…

Eh già, anche se diventa sempre più stretto, soprattutto da fine anni ’90 in poi quando il Festival si è confermato soprattutto come uno show trasformandosi dalla dimensione teatro a studio televisivo. Pur nella sua bellezza come si è visto nelle ultime edizioni il palcoscenico è diventato sempre più invadente rispetto alla sala sacrificando necessariamente molte poltrone in platea. Ancora quest’anno si vociferava  lo spostamento in una struttura diversa… Il Festival sul palco dell’Ariston conserva un fascino davvero unico forse anche per essre sempre conservato in questi luoghi così cult.

Orchestra si o orchestra no?

Assolutamente si, anche se questo ha generato spesso problemi di spazio nella scenografia.

Quali sono stati i Festival migliori?

Sicuramente quelli di Pippo Baudo negli anni ’90 che a tutti gli effetti hanno registrato ascolti record lanciando big della musica italiana ed ospitando nomi internazionali: erano i Festival dei grandi numeri, delle vendite altissime di dischi, delle grandi rivelazioni, basti pensare ad Andrea Bocelli, Giorgia, Laura Pausini, giusto per citarne alcuni. Erano i Festival degli eccessi: pensa che per portare Madonna all’Ariston il cachet fu di ben 250 milioni di lire per i pochi minuti di una canzone, senza contare lo stravolgimento dei camerini richiesto dalla star. Forse il Festival del 1995 resta a tutti gli effetti il più ricco di tutti! Anche le polemiche non mancavano, prima fra tutte quella della presunta tradizione secondo la quale le case discografiche che portavano i grandi Big internazionali erano le stesse che poi ottenevano il podio.

Hai parlato di Baudismo quindi: che cos’era esattamente?

Era il modo unico con cui Pippo Baudo seppe trasformare il Festival di Sanremo in un evento cult calamitando a se’ milioni di telespettatori, macinando vendite record, polverizzando la concorrenza con share stellari e così via. I suoi successori hanno fatto flop clamorosi proprio perché hanno tentato di imporre se stessi emulando la scia di Baudo. Solo recentemente abbiamo assistito ad una rinascita del Festival con Carlo Conti, Baglioni e Amadeus.

Il Festival degli ultimi anni è cambiato molto: le vendite non sono più quelle degli anni ’90, la presenza dei talent ha invaso la kermesse e lo spettacolo è sempre prevaricante la musica. Credi che il Festival sia ancora capace di essere un fenomeno di costume?

Certo, soprattutto nelle ultime edizioni ha dimostrato di sapere reggere gli ascolti e variegare il pubblico. E’ stato molto svecchiato, anche a scapito di una parte importante del pubblico tradizionalmente legato al Festival. Forse cinque serate sono troppe, così come il numero dei cantanti, ma questo è un problema cronico dello show business di oggi: mai come oggi si producono cantanti! Tale esubero è diametralmente opposto alle vendite. Comunque l’aver puntato sui giovani ha premiato le edizioni del Festival, una ricetta che verrà seguita anche per l’imminente edizione.

A proposito di nomi non credi che ci siano troppi dejà vu?

Sicuramente ci sono dei nomi che si sono già fatti diversi Festival nell’ultima decade, però è sempre stato così: negli anni ’80 nomi come Toto Cutugno, Ricchi e Poveri, Marcella e molti altri erano molto presenti, così come Milva o Iva Zanicchi negli anni addietro. Dipende dalla moda del momento e soprattutto dalla tendenza di oggi di seguire i gusti di un pubblico 2.0. che fa vivere il Festival soprattutto sui social. Vedremo: sicuramente il Festival 2021 ha in mano molte sfide da vincere, vista la delicata situazione del nostro Paese.