PASCOLI ALPINI: DAI SECOLI SCORSI AD OGGI. UN’IMMERSIONE NEL PASSATO
Il paesaggio alpino come lo conosciamo oggi è essenzialmente uguale al periodo medievale; in un registro storico del 1416 sono elencati tutti gli alpeggi dell’Alpbachtal e quasi tutti esistono ancora oggi.
In Tirolo, i numeri sono grandi: 110.000 vitelli, vacche da latte, tori e buoi (oltre il 50% della popolazione bovina tirolese), e quasi 70.000 pecore, circa 6.000 capre e più di 3.000 cavalli. Qui è nato in passato lo yodel, il “canto” dei pastori per chiamare le greggi e le mandrie, quel canto che strappa il sorriso, che resta nella testa e che invita a fare un viaggio nel passato. Niente cambia, in quota. Le antiche canzoni popolari hanno come tema la vita estiva in montagna, per i Santi protettori invocati per protezione e benedizione (Barbara, Leonardo, Antonio e soprattutto Wendelin) sono state erette sui sentieri numerose cappelle in segno di devozione.
A seconda dell’altitudine, il bestiame veniva portato in alpeggio a San Bonifaz (5 giugno), San Vito (19 giugno), San Giovanni (24 giugno) o San Kilian (8 luglio). Ma non tutte le regioni seguivano il calendario dei Santi: in Ötztal ad esempio si evitavano il mercoledì e il venerdì, nella Bassa Valle dell’Inn si riteneva che portare gli animali in alpeggio la domenica, il martedì o il giovedì avrebbe portato sfortuna, mentre nella Stanzertal gli ultimi due giorni del mese di giugno erano i preferiti. Nella regione dell’Imst e nell’Osttirol si prendevano in considerazione le fasi lunari. Il ritorno era (ed è tuttora) stabilito tra San Bartolomeo (24 agosto) e San Michele (29 settembre), a seconda dell’abbondanza di erba e di acqua.
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