L’artista Claudia De Luca, partecipa alla mostra collettiva ÈCDISI “Le infinite mute dell’animo” organizzata in occasione della decima edizione di Nice & Fair / Contemporary Visions, il format di PARATISSIMA dedicato alle nuove proposte dell’arte contemporanea di oggi, sia da un punto di vista artistico che curatoriale. L’esposizione che coinvolge quindici artisti, a cura di Lucrezia Caliani, Giovanni Ceriello e Benedetta Roberto, avrà luogo a TORINO presso la Cavallerizza dal 1° al 5 novembre 2023.
Claudia De Luca, partecipa alla collettiva, con l’opera Siparium, un lavoro che l’artista ha realizzato nel 2022 e che riflette sul tema dei confini e delle soglie. É un invito ad andare oltre le rappresentazioni individuali, alla ricerca di un orizzonte più autentico e libero. Come in un teatro onirico, le opere legate al tema del sipario fanno intravedere ciò che è velatamente nascosto, un velo di Maya che si sfila e si decompone evidenziando ciò che resta spesso nascosto e silente ai nostri occhi. I sipari si aprono per dar corpo alla vita scenica. Nel caso delle opere di Claudia De Luca, i sipari si aprono per dar corpo alla vita e osservare, senza paura, l’altra metà dell’incedere umano.
Questa opera apre una nuova linea di ricerca nella pratica artistica di Claudia De Luca. Sempre accompagnata dalla tarlatana, tessuto ormai inscindibile dai suoi lavori, l’artista si muove in un orizzonte nuovo, nel quale il “sipario” materico e simbolico si schiude allo spettatore, conducendolo ad una differente visione pittorica.
CLAUDIA DE LUCA è artista, docente di filosofia e storia. Abruzzese di origine, ha studiato presso l’Università di Lettere e Filosofia di Bologna e all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Dal 2012 accompagna l’attività dell’insegnamento alla pratica artistica esponendo in mostre e collaborando a progetti editoriali di arte e letteratura.
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ARTISTI IN MOSTRA:
CONCEPT MOSTRA L’eterna ricerca di uno stabile equilibrio e il bisogno di una costante trasformazione costituiscono una dimensione esistenziale a cui l’uomo è al contempo destinato e condannato.Il cambiamento è infatti un processo ineludibile, che accomuna tutto ciò che esiste: si può riscontrare nelle ècdisi dei rettili, nelle crisalidi dei lepidotteri, nelle esuvie degli insetti, nei vegetali e nelle piante, ma anche nella materia non vivente, con i suoi passaggi di stato e metamorfismi. Siccome è un processo insito in tutta la natura, anche l’essere umano ne subisce l’influsso: nelle sue varie declinazioni, il cambiamento è da sempre tema su cui riflettono scrittori, filosofi e artisti, dal Panta rei di Eraclito ai racconti di Apuleio e Ovidio; dall’Apollo e Dafne di Gian Lorenzo Bernini alle Metamorphosis di Maurits Escher; dai romanzi di Nikolaj Gogol e Franz Kafka, fino a giungere al concetto di modernità liquida di Zygmut Bauman per cui domina la convinzione che il cambiamento è l’unica cosa permanente. A causa della complessità del mondo contemporaneo, l’essere umano infatti lotta con una costante incertezza, ritrovandosi in una grave crisi identitaria; il crollo dei punti di riferimento su cui la società si è costruita fino alle porte del nuovo millennio si riflette sull’auto-percezione individuale. Si genera così uno smarrimento tanto radicato da necessitare di volta in volta una totale trasfigurazione, che permetta all’individuo di adattarsi camaleonticamente a realtà in costante evoluzione. Ma la trasformazione può avvenire anche per desiderio o necessità, come unica risposta possibile per adattarsi allo scorrere del tempo e sopravvivere al mutare delle condizioni esistenziali di ogni individuo. Se il cambiamento è infatti una forza ineluttabile che agisce sia sull’interiorità che sull’esteriorità dell’essere, con le sue mute esso rappresenta anche il sistema auto-realizzativo necessario all’esistenza, alla crescita e alla sopravvivenza, l’unica soluzione che permette all’individuo di evolvere, attraverso perpetue metamorfosi. Queste ultime sono processi naturali e intrinsecamente dolorosi poiché obbligano a cedere una parte di sé stessi, ma permettono anche di aprirsi a qualcosa di nuovo e lasciare spazio a venturi sviluppi del sé. Uniche prove materiali di questi processi sono dunque le ècdisi, tutte le mute che ogni essere umano abbandona, di volta in volta, nel corso della propria vita allo scopo di giungere a una sempre nuova rigenerazione, definendo una stratigrafia dell’esistenza, in un ciclico e uroborico rituale a cui niente e nessuno può sottrarsi. |