giovedì, Novembre 21Settimanale a cura di Valeria Sorli

Costanza Lastrucci- La sommelier astemia

E’ una giovane toscana molto intraprendente di mestiere fa l’archeologa e la sommelier, anche se purtroppo è astemia ma di vini se ne intende parecchio!

Conosciamola da vicino perchè di cose interessanti ne ha davvero pareccie da raccontarci.

 

Per quanto si dica, il salto da archeologa astemia a sommelier innamorata del nettare degli Dei è più breve di quel che si pensi e io ne sono testimonianza vivente.
L’idea viene naturale e il desiderio prepotentemente aggrappato all’animo, è quello di tuffarsi senza paracadute nel mondo del vino, passato e presente, proprio come uno speciale “Indiana Jones”.
Da vera toscana Doc nessun piacere più grande è quello di iniziare dai miei cari avi etruschi che già ai loro tempi, furono così fortemente dediti all’arte del fare e bere vino e non solo!
Vien da sè pensare che l’antica Populonia potesse essere la gemella della Bolgheri di oggi, in cui ogni “assetato” avventore poteva fermarsi e degustare con piacere un bel kantharos di Mulsum che piace ipotizzare potesse essere antenato del famoso Bolgheri, oggi, con giusta ragione, vino tanto amato e apprezzato in tutto il mondo!
I vini etruschi erano davvero molto apprezzati ed esportati non solo nel mediterraneo, ma ovunque: il Massico, il Pompeiano, la Tampona nera, l’Etesiaca, la Florentia, l’Apiana che era un’uva da dessert come l’odierno Moscato e infine i vini di Gravisca, l’antico porto di Tarquinia, fra i più eccellenti e rinomati dell’epoca.

I vini etruschi dorati, aromatici e preziosi, divennero protagonisti assoluti dei riti religiosi in onore di Flufuns corrispondente al Dio Bacco dei romani e dei simposi. Si beveva vino allietati da danze e musica di flauti e cetre. Ogni allestimento era ricco, sfarzoso e il vasellame eccezionalmente decorato, la faceva da padrone: kantharos, oinokoai, patere, calici, vere e proprie opere d’arte così come sono arrivate fino a noi. All’epoca degli etruschi non esistevano netti confini fra quotidianità e spiritualità, vita e vite risultavano intrecciate in un naturale inscindibile abbraccio. In quei tempi antichi, benchè il nostro bel Paese si fosse guadagnato il nome di Enotria, terra del vino, per la sua duttilità nella coltivazione della vite, le tecniche di vinificazione erano agli inizi da affinare e il vino, per quanto apprezzato e desiderato da ogni popolo, risultava essere molto alcoolico, liquoroso e molto simile a un succo d’uva. Veniva così degustato previa aggiunta di acqua calda o fredda a seconda del periodo dell’anno e di miele e con spezie usate non solo per arricchirne il bouquet, ma per nasconderne anche i difetti e le imperfezioni.

Gli etruschi ci hanno lasciato una preziosa eredità ricca di aroma e profumo, proprio come quello che oggi possiamo degustare nei vini provenienti dai dintorni di Castagneto Carducci, affacciata sul mare e immersa nella macchia mediterranea, dove il maestrale accarezza le verdi viti incorniciate dall’azzurro del mare, terra poetica non solo per la letteratura, ma anche per i “nettari” che vi vengono prodotti come  lo straordinario Bolgheri, eccellenza mondiale, oro rosso rubino per i palati più esigenti. Blend di Cabernet Sauvignon, Franc e Merlot in cui talvolta sono presenti Syrah, Petit Verdot e San Giovese, un vino armonico, equilibrato, vellutato, rotondo, morbido e con una leggera acidità.

In un batter d’occhio ci si trova a sorseggiare uno stupendo calice dal colore rosso rubino intenso, in cui senti chiaramente il profumo e la dolcezza dei frutti neri maturi, arricchito dalle note balsamiche della macchia mediterranea.
Il vino di Bolgheri creato principalmente con Sangiovese non è da considerarsi “vino global” senza tipicità, ma uno straordinario vino dal carattere proprio del terroir marittimo e quasi incontaminato in cui viene prodotto.

Davanti a un bel piatto di formaggi e salumi, seguiti dalla impareggiabile carne della tradizione toscana, sta a voi nel ricordo degli etruschi, alzare i calici e prosit!

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