Ogni giorno, sulle pagine dei quotidiani locali e nazionali leggiamo notizie raccapriccianti sulle morti di animali selvatici o familiari trucidati nei modi peggiori. Tutto questo si potrebbe evitare e prevenire. Il Convegno è nato proprio con questo scopo: riunire massimi esperti provenienti dal mondo veterinario, delle forze dell’ordine e giuridico, nonché dal settore della comunicazione, con lo scopo di fare il punto della situazione e condividere le possibili soluzioni. Persone interessate alla tematica, avvocati e giornalisti si sono collegati alla diretta streaming per saperne di più, per acquisire maggiore consapevolezza e strumenti utili a combattere i maltrattamenti grazie ai topic affrontati: “Le attività di indagine nei reati a danno degli animali. Aspetti procedurali e idee per migliorare la normativa vigente” e “Informazione e media dalla parte degli animali”.
“È davvero frustrante assistere a così tante morti crudeli e insensate e sentirsi impotenti”, afferma Piera Rosati – Presidente di LNDC – Animal Protection. “Da sempre denunciamo casi di maltrattamenti e uccisioni alle autorità competenti, ma in moltissime occasioni dobbiamo scontrarci con richieste di archiviazione o, nei casi più fortunati, con condanne insufficienti a punire in maniera adeguata i colpevoli di queste stragi. La Legge 189 del 2004 ha sì introdotto nuove figure di reato nel codice penale, ma attualmente tra casi archiviati, riti abbreviati, sospensione della pena e ‘messa alla prova’, praticamente nessuno sconta realmente nemmeno un giorno di prigione anche in caso di condanna, a dimostrazione del fatto che queste vittime e questi reati vengono spesso considerati “di serie B”. Il nostro obiettivo, anche grazie a questo Convegno, è fare in modo che sul piano giuridico, ma anche etico, gli animali diventino essi stessi oggetto di tutela in quanto tali, esseri senzienti, mentre oggi la legge tutela il ‘sentimento umano verso gli animali’.
Interviene Michele Pezone, Responsabile nazionale diritti animali LNDC – Animal Protection: “Urge modificare il quadro legislativo di riferimento in modo tale da rendere perseguibile in maniera efficace chi commette reati a danno degli animali. Al momento non è così, basti considerare che attualmente la legge tutela il sentimento dell’uomo nei confronti degli animali e non gli animali in quanto tali. Questa visione antropocentrica spesso condiziona le forze di polizia, il cui depauperamento a livello provinciale non ha certamente contribuito alla nostra causa, e i magistrati, che in molti casi non ritengono opportuno dedicarsi all’uccisione di un animale in modo scrupoloso. Lo stimolo a prepararsi deve essere rivolto in egual modo a magistrati e avvocati soprattutto nella fase delle indagini. Non sempre è immediato comprendere quanto siano importanti in questi casi le perizie, che vanno affidate a professionisti competenti. Dalla mia esperienza, come legale della LNDC, combatto ogni giorno per i diritti degli animali nei tribunali di tutta Italia e sempre di più mi rendo conto di come la figura del veterinario forense sia fondamentale. In pochi sanno che in Italia esiste un’eccellenza: il Centro di Referenza Nazionale per la Medicina Forense Veterinaria. Rosario Fico, Direttore di questo Centro presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana, che ha partecipato con noi al Convegno, ci ha illustrato come il nostro Paese sia l’unico in Europa ad avere una struttura ufficiale, all’interno del Sistema sanitario nazionale, in grado di fornire una consulenza tecnico-scientifica di enorme valore a forze di polizia e magistratura nei casi di reati a danno degli animali. Questa figura si rivela fondamentale in moltissimi casi, perché spesso in tribunale non basta l’opinione del veterinario privato o pubblico. Bisognerebbe stimolare i giovani veterinari a seguire questa specializzazione ancora troppo di nicchia, ma capace di cambiare il quadro attuale!”
Ci sono poi soluzioni imprescindibili attuabili a medio/lungo termine come l’istituzione di una banca dati nazionale sui reati contro gli animali alimentata da forze di polizia e mondo veterinario privato e pubblico. Attualmente ciò non viene fatto, eppure sarebbe fondamentale nella prevenzione dei maltrattamenti e per una rapida risoluzione nel momento in cui si verificano.
Purtroppo un’altra questione complessa legata alla legge 189 riguarda le caratteristiche etologiche collegate al concetto di benessere animale. Non esiste solo il maltrattamento fisico, ma anche quello etologico connesso all’ambiente in cui l’animale si trova – pensiamo a circhi, laboratori di sperimentazione, allevamenti. “Il danno etologico è equiparabile al danno fisico”, ci ha espresso durante il Convegno Enrico Moriconi, Medico veterinario, Garante diritti animali Regione Piemonte e consulente delle Procure in vari procedimenti riguardanti reati contro gli animali. Il veterinario deve poter collegare la situazione ambientale al danno per gli animali e in tribunale questo aspetto è essenziale. Persino la morte di per sé non è un elemento sufficiente se non si chiarisce l’azione che l’ha causata. L’analisi etologica deve stabilire lo stato di benessere dell’animale. Se il veterinario non presta attenzione a raccolta dati e documentazione, l’esito del procedimento può risentirne in maniera negativa. La valutazione etologica, per la legge italiana, equivale a una diagnosi e qualsiasi espressione sulla condizione degli animali deve essere fatta dal veterinario, privato o dipendente ASL chiamato in causa dalle forze dell’ordine. Qui nascono alcuni problemi perché l’etologia non è una materia approfondita in veterinaria, ma lo è in biologia. I biologi però non possono esprimere diagnosi riconosciute in tribunale. Quindi si torna alla questione della formazione e della sensibilizzazione: le procedure di analisi dei casi, da parte dei veterinari, devono essere messe in chiaro.
Un altro tema di cui si è parlato durante il Convegno è stato quello del randagismo, strettamente legato alla questione dei maltrattamenti. Un problema che l’Italia conosce molto bene e per cui LNDC si batte fin dalla sua fondazione risalente a ben 70 anni fa. La Legge 281 del 1991 stabilisce infatti che siano le autorità locali, Comuni e ASL, i responsabili della gestione del randagismo sul territorio. Attualmente però, le Istituzioni mancano nell’applicazione della legge sul randagismo, che di per sé è stata creata con buoni propositi, ma che ha dato vita a un indotto milionario per quei canili definiti “lager” contro cui l’Associazione si batte, basti pensare alla petizione lanciata nel 2017. Sarebbe sufficiente che le norme venissero applicate e che si vigilasse per davvero sulla questione. Circa il 90% di questi cani “ergastolani” sono animali che hanno avuto o hanno ancora una famiglia di riferimento, il problema è che sono senza microchip. Una soluzione è l’efficientamento dell’anagrafe canina, che ha per altro un costo bassissimo rispetto ad altre soluzioni più onerose per lo Stato. Anche qui, le Istituzioni dovrebbero spingere in maniera definitiva e decisa verso questa soluzione sensibilizzando nuovamente non solo gli addetti ai lavori, ma anche i proprietari di animali.
“Questo Convegno ci hai aiutati a fare ulteriore chiarezza. Grazie al contributo dei relatori intervenuti – Annalisa Palomba, giudice penale del dibattimento, Rossano Tozzi, Brigadiere Capo Q.S. dell’Arma dei Carabinieri, Rosario Fico, Responsabile del Centro di Referenza Nazionale per la Medicina Forense Veterinaria, Enrico Moriconi, Medico veterinario, Garante diritti animali Regione Piemonte e consulente delle Procure in vari procedimenti riguardanti reati contro gli animali, Donald Broom, professore emerito di benessere degli animali all’Università di Cambridge, Margherita d’Amico, scrittrice, giornalista e attivista, Marisa Marraffino, avvocato e giornalista, ed Edoardo Stoppa, conduttore televisivo e reporter – il quadro della situazione è chiaro, così come le soluzioni. Sono anni che chiediamo alle Istituzioni un cambio di rotta. Noi siamo qui, pronti per dialogare con loro, a lavorare insieme per trovare e mettere in atto soluzioni efficaci e puntuali perché c’è ancora molto da fare sul piano formativo, penale e amministrativo riguardo la questione dei diritti e dei maltrattamenti nei confronti degli animali. Questo è tutto ciò che chiediamo, noi insieme a milioni di cittadini italiani”, conclude Rosati.
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