Oramai l’Italia ha ufficialmente scoperto, anzi riscoperto l’Eurovision Song Contest , abbiamo incontrato Cristina Giuntini Presidente OGAE Italy. Il sito www.ogaeitaly.net è un vero e proprio riferimento per tutti gli appassionati di questo contest, un nome che sicuramente sentiremo molto nei prossimi mesi, soprattutto in vista dell’organizzazione della prossima edizione finalmente made in Italy.
Cristina, perché un blog dedicato all’Eurovision? Quando nasce la tua passione per la manifestazione?
Se parli della mia passione personale, praticamente nasce con me… Io sono del 1966, e, quando ero bambina, l’Eurovision Song Contest (che noi chiamavamo Eurofestival) era un appuntamento fisso, una specie di naturale e logico “secondo atto” per il Festival di Sanremo. Era un programma del Sabato sera che la famiglia guardava comodamente seduta sul divano. Io lo adoravo perché amavo sentire il suono di tante lingue diverse (allora ogni Paese doveva cantare nella sua lingua ufficiale). E’ stato attraverso le canzoni che mi sono resa conto che, in fondo, abbiamo molte più cose in comune di quanto non si possa pensare: fino a quel momento, per farti un esempio, avevo pensato all’Islanda come a un’isola di pescatori, e invece venivo a sapere che anche lì c’era un’industria discografica e i ragazzi portavano i pantaloni a zampa d’elefante come da noi…
Il sito di OGAE Italy è nato molto dopo: nel frattempo ci sono stati i 13 anni di abbandono da parte dell’Italia, la mia riscoperta della manifestazione attraverso internet e il primo contatto con OGAE Italy, il nostro rientro in gara con Gualazzi e il nostro viaggio a Düsseldorf per sostenerlo. E’ stato una volta tornata a casa che ho pensato di aprire un sito per tenere informati i nostri iscritti, ma anche chiunque volesse leggerci, di quello che poteva interessarci riguardo all’ESC. Notizie, nuove uscite, tour dei cantanti eurovisivi… E poi sono arrivate le interviste, che sono la parte che preferisco.
A parte quest’anno, qual è stato secondo te l’anno più rappresentativo o più bello per l’Italia?
Sicuramente il 2011, anno del nostro rientro in gara. Di questo dobbiamo sempre dire grazie a Nicola Caligiore, capo delegazione RAI fino a due anni fa, che ha lottato con tutte le sue forze per farci tornare a gareggiare. La notizia del nostro rientro è arrivata come un regalo di Natale fuori stagione. La scelta di Raphael Gualazzi, vincitore delle nuove proposte del Festival di Sanremo, inizialmente non sembrava la più adatta a una competizione del genere… Ma io, come al solito, sono andata controcorrente, e ho creduto in lui fin dall’inizio. La votazione finale, con la nostra rimonta spettacolare fino a portarci al secondo posto con il sorpasso finale sulla Svezia, è stata un’esperienza irripetibile. Io l’ho vissuta proprio lì, in arena, e credo di essermi ubriacata pur non bevendo una goccia (sono praticamente astemia): sono saltata su di un seggiolino, ho urlato con tutto il fiato che avevo in gola, e, quando ho visto Raphael in sala stampa, gli sono saltata al collo per baciarlo!
Come mai la RAI ha deciso di ritirarsi per tanto tempo e poi rientrare?
Eh, questa è una domanda da un milione di dollari. Forse volevano concentrare tutte le loro energie sul Festival di Sanremo, non erano più interessati a una manifestazione che, comunque, non era certo quella che è poi diventata. Si parlò di disinteresse del pubblico, ma diciamo che fu un disinteresse un po’ causato da anni di trasmissione in differita, con pochissima, quasi nessuna, pubblicità sui giornali, tanto che perfino a me capitò di perdermelo due o tre volte, perché non veniva quasi annunciato. Il pubblico è piuttosto pigro, non va più di tanto a scandagliare: quello che non viene annunciato ad alta voce viene trascurato. Ma adesso, per fortuna, la situazione è completamente cambiata.
Cosa ne pensi dei Maneskin?
Tutto il bene possibile! Non solo perché hanno vinto, ma anche, e soprattutto, perché ci hanno portati alla vittoria con un genere che non viene normalmente associato alla musica italiana, e questo ci riempie di orgoglio. Quello che amo dell’Italia eurovisiva è che, dal nostro rientro, non abbiamo mai mandato due canzoni simili. Ogni anno cambiamo genere, scardinando la mentalità che ci vorrebbe solo ed esclusivamente “paladini del bel canto”, perché “questo è quello che l’Europa si aspetta da noi”. Se non fossero bastati gli ottimi piazzamenti degli anni precedenti, adesso i Maneskin hanno dimostrato che non è così. Fino dalla prima serata del Festival di Sanremo la mia idea è stata: per vincere dobbiamo mandare i Maneskin. E sono felice di avere avuto ragione! L’alternativa sarebbe stata Irama, sono convinta che anche con lui avremmo avuto buone possibilità.
Come pensi che possano essere organizzati ESC e Sanremo a così poca distanza?
Ovviamente ci vorrà un enorme dispiegamento di forze, ma la RAI ce la farà, perché, con il suo impegno sempre crescente nell’avventura eurovisiva, ha dimostrato di avere fortemente voluto questa vittoria. Altro pregiudizio scardinato: “la RAI non vuole vincere perché non vuole organizzare”. E invece, eccoci qua! Certo, sarà un anno di fuoco… Ma ne varrà la pena, da ogni punto di vista. Immagino che, pur nei limiti imposti dall’EBU (il format dell’Eurovision Song Contest è praticamente blindato), verrà colta l’occasione per rafforzare il legame fra Sanremo e l’ESC, che del resto è suo “figlio”!
Qual è la città migliore?
Firenze! No, scherzo… Permettetemi questa battutina campanilistica. In realtà ci vuole un impianto adeguato, in un luogo ben servito dagli aeroporti e con una grande capacità ricettiva. Torino sembra essere in pole position, ma anche Milano non scherza, e neppure Roma, che, oltretutto, ha dalla sua una maggiore attrattiva sia climatica che artistica. Minori possibilità hanno tutte le altre città che si sono fatte avanti per organizzare, come Bologna, Pesaro, Matera… Ve lo immaginate, un Eurovision fra i sassi? Suggestivo, certo, ma direi non fattibile.
Come mai quella del 1991 viene additata come organizzazione disastrosa?
Gli addetti ai lavori raccontarono di problemi tecnici e scarsa puntualità dello staff, situazione peggiorata, pare, da un paio di giorni di pioggia battente che aggravarono il già pesante traffico romano. A parte questo, quello che videro i telespettatori, dopo i palchi avveniristici degli anni precedenti che già facevano presagire quelli attuali, fu uno studio di Cinecittà sistemato a teatro tradizionale e decorato con quelli che erano in pratica “rimasugli” di scenografie varie… Per non parlare delle difficoltà dei presentatori con la lingua inglese. Bisogna dire, però, che ci sono ancora molti fans che li ricordano con simpatia anche per questa loro conduzione un poco “casareccia”. E fu molto apprezzata l’idea delle “cartoline” che introducevano le esibizioni, con i cantanti alle prese con la loro canzone italiana preferita. Chissà, sarebbe carino “riesumarla” quest’anno!
calm music
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