Occhi, mani, braccia, piedi, forme organiche in continuo mutamento, isolati oppure sovrapposti uno sull’altro e in grado di plasmarsi con lo spazio circostante. La Galleria Poggiali, nella sua sede di Milano, dal 5 maggio al 4 giugno 2022, presenta la mostra Songs from the Cave che segna la sua prima collaborazione con l’artista tedesco Benedikt Hipp (1977, Monaco di Baviera).
Nato e cresciuto in un piccolo paese del sud della Baviera da una famiglia di antichi artigiani locali, produttori di ex voto(immagini di parti del corpo umano, animali o case, dati in dono a una divinità come pratica volta a ricevere la grazia). Fin da bambino Hipp è stato circondato di questi oggetti, e li ha utilizzati come fossero giocattoli e proprio dalla sua infanzia nasce la sua ricerca artistica da sempre guidata dalle domande: Dov’è il confine tra un essere e l’altro? Dove finisce l’individuo e dove inizia la società?
Il corpo umano diviene nel lavoro di Hipp materiale flessibile in grado di formarsi e deformarsi, di cambiare e adattarsi di volta in volta. Riflettendo in questo modo un pensiero contemporaneo su cosa sia davvero un corpo e quale sia la differenza, se c’è, fra quello umano e quello di altri esseri, organici o inorganici Hipp crea figure combinate di elementi appartenenti a esseri più disparati, corpi post-umani in grado di trascendere la natura antropica limitante. L’artista indaga i concetti di individualità e identità, così come il cambiamento e il significato del corpo quale luogo di azione architettonica, sociale e di culto. Creare modelli di corpi nuovi significa creare anche nuovi modelli di mondo, diversi da quello in cui siamo convinti di vivere, in cui la natura, il tempo e il sistema ecologico diventano gli alleati dell’artista.
Con l’utilizzo di media differenti come pittura e scultura, nella sua ultima produzione di lavori per Songs from the Cavel’artista esplora le credenze i rituali e il potere dell’iconografia arcaica di uno spazio sacro per eccellenza, la grotta (cave). Nel 2017 visitando le rovine della prima cultura neolitica che ha abitato l’isola di Maiorca è rimasto impressionato dagli enormi blocchi di pietra che componevano il sito, tanto da decidere di fondere la materia ed entrare in contatto con le forze vulcaniche del nostro pianeta. Da qui nascono le sculture in argilla plasmate attraverso tecniche di cottura ad alta temperatura di ispirazione giapponese. Il fascino di questa antica tecnica risiede nel fatto che è possibile influenzare e regolare il fuoco ma il risultato che appare su ogni oggetto è impossibile da prevedere rendendolo un processo anacronistico rispetto all’idea di tecnologia odierna in cui è possibile prevedere e controllare ogni risultato.
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