In occasione della Milano Design Week 2021, HoperAperta, giunta alla sua terza edizione, propone un tema di duchampiana memoria con la mostra “L’OGGETTO CELIBE. Per un’arte da camera a réaction poétique”.
Il tema dell’Oggetto Celibe – ovvero di un oggetto non riproducibile perché non in grado di generare nulla al di là di sé stesso – è stato lanciato come provocazione da HoperAperta a un gruppo di artisti e architetti, chiedendo loro un’opera che fosse unica nella sua precipua poetica artistica – tanto da farne un pezzo autoriale limited edition – ma anche plurale nell’interpretazione di un tema dall’impossibile soluzione.
In mostra le opere di Maurizio Barberis, Alfonso Femia, Dario Ghibaudo, Tiziano Guardini e Luigi Ciuffreda, Duccio Grassi, Mariano Martín, Roberta Orio, Steve Piccolo, Rudy Ricciotti, Davide Valloppi, e due special projects di Gaetano Pesce e Riccardo Dalisi in collaborazione con la Galleria Luisa Delle Piane.
Il concetto di célibataire è ‘assolutamente contemporaneo’, ma poco indagato perché complesso da definire in maniera univoca. L’essere ‘celibi’ può al contrario avere molte valenze positive: significa avere una chiara idea della propria identità, chi sono, dove sono e, soprattutto, in che direzione mi sto orientando. Vuol dire cercare, attraverso la propria unicità, un dialogo con gli altri, non in virtù della similitudine ma attraverso una dinamica integrazione tra le differenze, che significa non cadere in un manierismo fine a se stesso – perché di moda – ma la ricerca di una propria cifra interpretativa da condividere con gli altri. Questo può generare, come nella mostra milanese, un racconto plurimo e diversificato, fatto di molteplici narrazioni, tante quanti sono gli autori in mostra.
Le opere sono state realizzate con la partecipazione di Cromonichel, De Castelli, Disegno Mobile, Fornace Brioni, Julia Marmi, Marmi Faedo, Metalltech, Oemmebi, Zeus, aziende italiane che rappresentano l’eccellenza nella lavorazione di materiali naturali, legno, metallo, pietra, marmo e terracotta, con un approccio ecosostenibile e di valorizzazione dell’ambiente in cui operano.
A corollario della mostra L’oggetto celibe, alcuni progetti delle edizioni passate di HoperAperta sono esposti al Radisson Collection Hotel Palazzo Touring Club Milano, una nuovissima apertura in Corso Italia 10 a pochi passi dalla Casa d’Aste Wannenes, dove le opere di art-design di Angela Ardisson, Alfonso Femia, Maurizio Barberis, Dario Ghibaudo, Duccio Grassi, Steve Piccolo, Davide Valoppi dialogano con l’interior design di un edificio storico, quale quello del Touring Club italiano che, con un intervento conservativo e contemporaneo al tempo stesso, lo ha trasformato in un hotel 5 stelle. In questo contesto, si esprime al meglio lo spirito di HoperAperta che, dalla sua fondazione, mette in relazione attori e competenze diverse tra arte, progetto e alto artigianato.
Le opere e gli autori
Slow Blur, lentamente fuori-fuoco (in futuro ogni cosa apparirà sfuocata) un filmato del sound artist Steve Piccolo
Video con audio, 6’21”, b+n
Una video installazione che raccoglie le immagini di una sound performance fatta con strumenti realizzati e suonati da Luca Formentini e Stefano Castagna e la voce di Steve Piccolo.
Quella che potrebbe sembrare – in mani normali e in circostanze normali – una macchina infernale o desiderante, diventa celibe proprio in virtù del modo in cui viene suonata – con straordinaria sensibilità – dai due musicisti-inventori, in reazione a una precisa richiesta di Steve Piccolo. Parte di un progetto a lungo termine che si propone di trovare qualcosa di più profondo nel karaoke, epitome dell’ovvietà musicale.
Produzione: Steve Piccolo con Fabio Selvafiorita per il progetto SOLOS di ERRATUM
Del mobile d’Invenzione di Maurizio Barberis.
Cinque grandi artworks a parete raccontano i mobili immaginari dell’artista, architetto e fotografo che, rappresentati in forma bidimensionale, precipitano e si concretizzano in una serie di sculture-oggetti domestici di terracotta. Del Mobile d’Invenzione utilizza supporti per le sculture in legno di rovere, provenienti da aree di riforestazione controllata; le sculture sono in argilla pura non dipinta.
Realizzazione: Disegno Mobile
La trama infinita di Alfonso Femia
Prende ispirazione dalla colonna infinita di Constantin Brâncuși e al suo concetto di modularità organica. La colonna, elemento strutturale primario per l’architettura diventa un Totem, fatto di metallo riciclato, un gioco composito per definire le modularità aggregative degli oggetti, delle architetture, della società. Di natura, a detta di Femia, randomica.
Realizzazione: De Castelli
Con il contributo di: Metalltech
…Se il Tappeto si appende di Dario Ghibaudo
Il progetto si compone di tre tappeti appesi alle pareti, come icone votive ortodosse o cristiane, comunque occidentali. Sui tappeti sono riportati i lemmi che designano i peccati capitali, ma non solo. L’elemento pregnante e diversificante è una panoramica del cervello umano sul quale è evidenziata, per ogni peccato, l’area neuronale coinvolta, una sorta d’icona post-TAC. Tutti gli uomini, di qualsiasi razza e credo religioso, di fronte al vizio attivano le stesse aree cerebrali.
Produzione: Dario Ghibaudo.
How did we lose ourselves in the forest? di Tiziano Guardini e Luigi Ciuffreda
Una coppia di arazzi pensati e lavorati nella logica dell’ecosostenibilità e dell’economia circolare, filosofia che caratterizza da sempre il lavoro del Fashion Sustainable Designer Tiziano Guardini e del progettista Luigi Ciuffreda.
Realizzati con materiali che provengono da tessuti d’archivio, i due pannelli sono pezzi unici ma in dialogo tra loro. L’opera racconta una storia di risveglio alla consapevolezza che siamo tutti parte di tutto. “La mente a volte mente”, dice Guardini “e ci proietta in una visione isolata di noi stessi che ci pone ad agire come esseri unici e celibi”. Ma basta un respiro per comprendere che l’universo intero vive di interdipendenza.
Sponsor tecnici: Econyl®, GruppoCinque
Realizzazione in collaborazione con Cesarina Femminis Domenech Cabrera, Giorgia Asia Lijun Gao, Chiara Cattaneo, Anna Amicucci
Dario Ghibaudo, …Se il tappeto si appende
Tiziano Guardini e Luigi Ciuffreda, How did we lose ourselves in the forest?
I Musicanti di Brema di Duccio Grassi
Un gioco composito di elementi autoportanti in ferro brunito e ripiani-elementi di terracotta smaltata fatta a mano, il più antico e sostenibile dei materiali. La ricerca di Grassi va verso il senso della materia percepita, quello che vediamo e quello che pensiamo di vedere rappresentato dai suoi totem.
Realizzazione: Cromonichel, Fornace Brioni, Oemmebi
Munariano di Mariano Martín
Un omaggio alle Macchine Inutili di Bruno Munari (editate su “La Lettura” del 1940), un progetto che vuole sfidare le performance della materia, in questo caso la pietra, ma non solo. La sua è una poetica che lavora contro l’ovvietà e il consueto: Per quale ragione – si chiede Mariano – la pietra deve essere sempre tagliata in senso ortogonale? Perché non possiamo stravolgere il rigore? E soprattutto, Perché dobbiamo considerare la pietra un materiale ‘autorevole’ e non per esempio, sostenibile? Munariano è un’opera creata con scarti di pietra Piasentina.
Realizzazione: Julia Marmi
Frammenti di Roberta Orio
Il progetto fotografico dell’autrice veneziana indaga sul concetto di identità attraverso la manifestazione di gesti, modi, dettagli, forme. Un’esplorazione sulla personalità dei soggetti ritratti, rivelata dagli abiti riposti al centro di un luogo neutro. Gli indumenti, le calzature, diventano i protagonisti di una possibile lettura di colui che li ha indossati e messi in posa, pronti per il ritratto di un sé invisibile eppure tangibile.
Duccio Grassi, I Musicanti di Brema
Mariano Martín, Munariano
Roberta Orio, Frammenti
Méditerranée de pierre! di Rudy Ricciotti
Une mer de fous entourée de cinglés…
Une déchirure qui ne cicatrisera jamais !
Tel est l’état de la carte de découpage territorial pour les migrants…
Un mare di pazzi circondato da matti…
Una lacerazione che non cicatrizzerà mai!
Tale è lo stato della divisione territoriale per i migranti…
Realizzazione: Marmi Faedo
Balance di Davide Valoppi
Un tavolino che vuole essere un inno alla danza e una sfida alle leggi della stabilità. Al centro del piano d’appoggio una minuscola ballerina sembra far ‘danzare’ il tavolino che, avendo una base semisferica, dondola ed è di precaria stabilità. Per Davide Valoppi célibataire si manifesta come disorientamento percettivo che diviene condizione esistenziale di una contemporanea fragilità.
Con il contributo di: Candle Store Gallery
Rudy Ricciotti, Méditerranée de pierre!
Davide Valoppi, Balance
Riccardo Dalisi, Una Sedia, Courtesy Galleria Luisa Delle Piane
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