venerdì, Novembre 22Settimanale a cura di Valeria Sorli

Il disegno

Molti hanno cercato, attraverso l’arte, di disegnare il colore dell’anima, le sfumature, i suoi tratti, con pennellate sui generis, murales, espressioni, accenti, gradazioni, arrivando a sfiorare la bellezza o a catturarne potentemente la possenza come Michelangelo Buonarroti nella Cappella Sistina che arrivò a delineare il Giudizio Universale e avvicinò la potenza di Dio all’uomo attraverso il desiderio di un contatto sensoriale, quasi raggiunto. Dio e Adamo a intraprendere un cammino di avvicinamento ai misteri potenti della vita, dell’esistenza e della morte. Quale forza della natura e dello spirito nell’anelare e tentare di comprendere il senso della vita e la ragione per la quale siamo qui e ora a vivere, vedere, soffrire, testimoniare, come nei secoli passati, la nostra indubbia finitezza! Ecco la precarietà consapevole di un termine, di un orologio che ticchettando ci porta ad una svolta personale nel nostro cammino, per alcuni inesorabilmente, per altri, attraverso un percorso di crescita cosparso da dubbi, tentennamenti, domande, mancate soluzioni ma alla fine cercando la speranza che può diventare una certezza. Ed è ciò che differenzia il costruttore delle ipotesi rispetto a chi spegne o nega ogni possibilità.

Per alcuni, la nostra esistenza è rigida, ingabbiata in schemi precostituiti, fossili, e allora si cerca, nel breve tempo, di ottenere tutto, a discapito degli altri, per vincere rabbiosamente, sopraffare, godere e al contempo abbruttirsi nella malefica convinzione che tutto finisca, anche la nostra percezione dell’esistenza.  Ma cosa sappiamo veramente e razionalmente?

La grande medicina che molti negano, che evitano, illudendo i propri cari con alle volte una persistente ed ipocrita visione della vita è la sofferenza che esiste, che rigettiamo stigmatizzandola, che non vorremmo conoscere mai ma che rappresenta il sale della vita, la nostra crescita. Nessuno può esserne indenne in questo mondo e prima o poi ognuno di noi deve fare i conti con essa, accettarne i termini, a volte anche l’improvvisa entrata in scena e necessariamente si deve portarla con sé in un cammino di ricostruzione e di rinascita, non del tutto scontata.

Per i credenti si tratta della croce quotidiana che fa crescere in consapevolezza e capacità di condivisione. Per altri può essere solo un aspetto negativo, da rigettare, certo, perdendo l’opportunità di una sfida per saper andare oltre. Ed è lì che si gioca, probabilmente il nostro saper stare al mondo. Nel libero arbitrio e nel decidere se gettare dei dadi su un tappeto verde del nulla o se disegnare o ritagliare potenti ed essenziali sprazzi di cieli aperti e sentimenti.