Incontro la giovane regista e documentarista Adele Tulli, 37enne figlia di Serena Dandini, discendente da un’antica famiglia della nobiltà romana, per fare il punto della sua esperienza di filmaker e parlare di «Normal» (Italia/ Svezia 2019, 67′), un documentario prodotto e distribuito dall’Istituto Luce, incentrato sulle convenzioni e le disparità di genere.
Presentato in anteprima nella sezione Panorama della Berlinale, questo film non convenzionale è uscito in alcune sale lo scorso 2 Maggio e viene proiettato in Anteprima Regionale al “Big International Gender Film Festival” in programma fino al 28 Settembre a Bari: «È un viaggio tra le dinamiche di genere in Italia, raccontate attraverso una successione di scene di vita quotidiana, dall’infanzia all’età adulta. Situazioni curiose, tenere, grottesche, misteriose, legate dal racconto della “normalità”, mostrata da angoli e visuali spiazzanti.
La messa in scena collettiva dell’universo maschile e femminile, per una riflessione sulla costruzione sociale dei generi in Italia. Un flusso di immagini, nonché di coreografie di corpi danzanti nella quotidianità, senza dialoghi, senza interviste e senza voci fuori campo. Il macro-sistema che divide la società rispetto a certi comportamenti e linguaggi del corpo è globale. Certe dinamiche esistono ovunque, tanto è vero che il film è stato accolto in Inghilterra, in Germania, in Danimarca…»
«Tutto è partito nel 2015 da una ricerca di dottorato, che stavo facendo a Londra. L’idea era di usare il documentario per articolare una riflessione sulle dinamiche di genere, che influenzano ad ogni livello della vita, da quando si nasce. Facevo dei viaggi con “Blablacar” e mi confrontavo su questi temi con le persone che facevano lo stesso percorso insieme a me.»
Davanti a una birra nella hall dell’AncheCinema, parla di una lezione in programma all’Università Aldo Moro dal difficile titolo: «Undoing Normal; strategie audiovisive di ripetizione sovversiva» e ricorda che aveva presentato nel 2011 in questa città il film con cui aveva debuttato alla regia, un altro documentario, dal titolo enigmatico «365 without 377».
Anche qui un viaggio, ma nell’India, e una altra epoca, ad un anno dall’abrogazione dell’articolo 377 del Codice Penale Indiano, che era stato imposto sotto il dominio britannico e che criminalizzava come “contro natura” qualsiasi atto sessuale fra due adulti dello stesso sesso, finchè la Corte Suprema di Delhi ha emanato una legge che ha cancellato quel retaggio coloniale.
Ma già nel 2014 aveva girato in Francia “Menopausa Ribelle”, un ritratto intimista della attivista Terese Clerc e ancor prima, nel 1999, Adele Tulli – ancora ragazzina e compagna di classe di Silvio Muccino – era stata coinvolta ed aveva preso parte alla sceneggiatura del film «Come Te nessuno mai» di Gabriele Muccino (Premio “Silver Iris” per la migliore sceneggiatura – con Silvio e con lo stesso regista – al Brussels International Film Festival).
La regista di viaggi ne pratica concretamente da sempre, forte di studi orientali e di lunghi soggiorni a Cambridge e Bombay, e ha ancora altri festival all’estero in calendario, il 25 Settembre all’International Queer Film Festival in Portogallo, fino ad Annecy il prossimo anno. E di strada ne farà tanta.
Adriano Silvestri