sabato, Novembre 23Settimanale a cura di Valeria Sorli

Jerry Calà: un’estate al top

Istrionico, garbato, brioso, artista a 360° gradi! Per noi è rimasto l’eterno ragazzo che, con la sua irrefrenabile verve e le sue inconfondibili battute, è stato capace di segnare un’epoca intera, ricca di successi che ha saputo egregiamente regalare ad un pubblico che non ha mai smesso di amare la sua coinvolgente energia e il suo meraviglioso sorriso: Jerry Calà, per tutti noi lo zio Jerry!

Il sapore di mare rimane nel suo cuore, per lui il tempo sembra non passare mai, sempre pronto a far divertire le generazioni di allora e di oggi, un artista di quelli che non invecchiano mai, incollato alla sua magica libidine. Jerry Calà ci riporta indietro nel tempo: dai suoi esordi musicali con lo storico gruppo I gatti di vicolo miracoli, ai numerosissimi film e alle belle canzoni. Questa volta però lo zio, con l’immancabile simpatia diventata ormai suo emblema, ci presenta il nuovo singolo Un’altra estate che va, che sta riscuotendo notevole successo e che arriva dritto come un’onda al sapore di sale e all’odore del mare, con quel pizzico di ironia che non guasta e che ci fa comprendere come ai suoi tempi, per navigare, bastava il mare! Grazie Zio Gerry!

Un pezzo del tuo cuore è rimasto in Via Monterosa a Milano, davanti al Derby; nel 1971 la tua vena comica si unisce a quella di Umberto Smaila nello storico gruppo I gatti di vicolo miracoli. Che ricordi hai di quel periodo?

Ho dei ricordi fantastici, anche perché gli inizi sono nello stesso tempo difficili però meravigliosi, perché hai davanti a te un’avventura che non sai come andrà, poi avendo avuto la fortuna di viverla in gruppo era molto più facile e divertente, quindi è stato un periodo fantastico anche perché noi abitavamo proprio insieme, nella stessa casa che oggi sarebbe impossibile. Avevamo trovato un appartamento grandissimo a Milano, dove ognuno aveva la propria stanza e poi facevamo le prove in cucina e tutto il mondo dello spettacolo milanese veniva per l’aperitivo e si andava a cena tutti insieme, con Diego Abbatantuono, Barbara D’Urso, Teo Teocoli, Umberto Tozzi e altri… eravamo veramente una bella compagnia negli anni 70 a Milano.

Con il gruppo hai inciso tre album e numerosi singoli, ispirati ai tuoi tormentoni: Prova, Capito e Ciao, titoli di forte impatto, a cosa ti sei ispirato?

Mi ispiravo alla strada, alla televisione, alla pubblicità e poi non so, mi venivano così durante gli spettacoli, mi venivano queste paroline dette in una speciale maniera, devo dire che era soprattutto Umberto Smaila che durante gli spettacoli, siccome aveva capito questa mia facoltà di inventare certe cose, mi stimolava a ripetere queste parole, e così sono venuti fuori questi tormentoni che poi sono diventati anche delle canzoni di successo, specialmente Capito che ha venduto quasi un milione di copie.

In seguito hai iniziato a lavorare nei film di Carlo Vanzina. Il successo è strepitoso, così decidi di lasciare il gruppo… Da allora hai interpretato e diretto numerosi film comici di successo, come Vado a vivere da solo, in cui sei stato l’assoluto protagonista e nello stesso anno diretto da un esordiente Marco Risi per il quale ha composto anche l’omonimo 45 giri. Ti aspettavi un così acclamato successo?

Mi fa piacere che tu abbia nominato Carlo Vanzina che proprio è il regista e l’amico a cui devo tantissimo e che purtroppo ingiustamente e prematuramente ci ha lasciato, lasciando un grande vuoto nel cuore di noi amici e nel cinema italiano. Il successo lo speravo e fu proprio Carlo Vanzina a farmelo capire, dopo aver girato due film insieme a I Gatti di vicolo miracoli: Arrivano i gatti e Una vacanza bestiale, dove c’era anche Diego Abbatantuono che incominciava il suo gergo del “terroncello”. Carlo Vanzina e suo fratello Enrico vennero a dirmi «guarda che noi abbiamo delle richieste di produttori per altri film, però vogliono te, sei tu che buchi lo schermo». Questa cosa mi fece molto piacere, però mi poneva davanti anche ad una scelta difficile che poi alla fine ho dovuto prendere, perché il treno del cinema, mi dissero, passa una volta sola. Con un po’ di dolore andai verso questa scelta che devo dire mi ha portato abbastanza bene.

La tua grande passione rimane la musica, è appena uscito il tuo nuovo singolo Un’altra estate che va, girato in Versilia insieme a tuo figlio Jonny, un brano ironico sulle differenze generazionali, raccontaci…

Questa canzone nasce da due cose: da una voglia di ricollaborare con Danti e Roofio dei Two Fingerz con i quali insieme a J-Ax avevamo già fatto quella parodia rap Ocio che qualche anno fa aveva sbancato la rete. Allora ci eravamo ripromessi che se ci fosse venuta un’altra idea avremmo fatto qualcosa insieme. Mi è venuto in mente così il pezzo che ho suggerito a Danti con il quale l’ho scritta, ed è venuta proprio in un momento del mio spettacolo dove io ironizzo con i ragazzi. Ho anche un pubblico giovanissimo che viene a vedere i miei spettacoli e prendendo spunto dal fatto che ormai si fidanzano su whatsapp, poi si lasciano su facebook e si sfiniscono di selfie. Insomma, faccio tutto un monologo sui social un po’ esagerato, ma sempre con ironia benevola perché io amo molto i giovani, quindi è venuta fuori questa idea che non mi sembra un testo banale, ha un senso, visto che lo canta un uomo di 67 anni che lo dedica a suo figlio e alla generazione degli YouTubers e infatti nel video ci sono anche i Pantellas che sono gli idoli di mio figlio che me li ha suggeriti e poi ho scoperto che loro sono dei miei grandi fan e che sono venuti di corsa con grande piacere a fare questa partecipazione preziosa nel mio video. Di certo la mia non è una predica bacchettona perché viene da uno, che come cito nella canzone, «non sono uno che alla mia età gioca a bocce, ma rimango ancora in giro tutta la noche».È solo un momento di confronto con i ragazzi, come per dire: andate al mare ma cercate di divertirvi, di avere più contatto e di chattare di meno e di guardarvi nuovamente negli occhi, perché i ragazzi  di oggi amano ancora guardare il film “Sapore di mare”, come ai tempi in cui noi sentivamo ancora l’odore del mare e il sapore del sale.