venerdì, Novembre 22Settimanale a cura di Valeria Sorli

Le Favelas di Rio

Il candido palazzo coloniale del Copacabana Palace Hotel, che mantiene il suo alto standard dai primi ‘900 e ancora si respira l’atmosfera degli anni 40-50 quando tutti i divi di Hollywood soggiornarono proprio li, l’ho già raccontato in altri articoli precedenti.

Così come ho parlato del Pan de Azucar, con la sua spettacolare vista, del Rio Centro con le case coloniali, ho descritto più volte la bellezza delle spiagge di Ipanema e Copacabana, ho parlato del grande architetto Oscar Nemeyer, che ha edificato mezzo Brasile, tutta Brasilia, e il museo di arte contemporanea a Niteroi, la città di fronte a Rio de Janeiro, luogo dal quale si gode di un panorama incredibile sulla “cidade maravillhosa”, con infine montagne strette ed alte che paiono essere delle quinte cinematografiche, ho parlato di Lapa, della Pedra do sal, della musica brasiliana, che ha mille volti es espressioni, dell’allegria del popolo brasiliano, e del loro motto “gentilezze genera gentilezza”, della bellezza  dell’Amazzonia , e purtroppo i sui recenti incendi, dunque mi manca di narrarvi quelle che sono il punto critico del Brasile, ovvero le favelas.

Solo a Rio ci sono circa una cinquantina di agglomerati di baraccopoli, chiama te favelas. Il nome deriva da un fatto storico: rifugiati ed ex soldati , reduci della sanguinosa  guerra de Canuodos (1895-1986) nello stato di Bahia, occuparono i terreni collinari liberi nella città di Rio do Janeiro, il Governo non i sostenne con l’aiuto economico e neppure diede loro abitazioni.

Così si insediarono costruendo abusivamente case, una sull’altra, spesso con materiale non solo scadente, ma fortemente inquinante come l’eternit (non si è fatto abuso anche in Italia di questo maledetto prodotto?), sradicando la pianta Faveleira (cnidosculos quercifolius), prosperosa nel semi arido terreno collinare, e da qui il nome favela.

Il censimento delle stesse è pressoché impossibile, e pertanto si calcola che solo nello stato di Rio de Janeiro sino da 600 a 1000! Ma eccovi le 10 più importanti per dimensione o grado di pericolosità di Rio: Rossinha  è la più estesa, ci si può acceder con guide,  e si incontra per esempio Barbara Olivi, un’Italiana che ha creato una Onlus  “Il sorriso dei bambini”,  che educa con amore, e li indirizza ad una nuova vita.

La seconda per ampiezza è Chacarà do Ceu , poi Cidade de Deus, ampie ma non turistiche, e la quarta è Santa Marta, che divenne famosa anni addietro, quando Mickael Jackson girò il video della sua canzone  “They don’t care about us”, sdoganandola definitivamente a “favela buona”, ed oggi con la statua che hanno piazzato in cima alla montagna, si è sviluppato un turismo  molto prodigo.

Ci sono stato, ho preso la funicolare (lentissima, ma sicura) e una volta arrivato in cima ho trovato la statua, molti turisti, botteghe d’artigianato, bar, e gente molto calorosa ed accogliente. Segue il Complexo de Marè, il Complexo Alemao, Mangueira, Morro da Providencia  e al decimo posto Vidigal, dove ho trascorso un paio di giorni.

E’ situata sulla collina delle montagne che hanno reso famosa Ipanema, ovvero “Dois Irmaos”, e ai pidi di questa favela sorge un elegante Sheraton 5 stelle, che  simboleggia la convivenza tra ospiti di lusso con il popolo che abita Vidigal. Nel 2012 è successo un fatto che ha definitivamente rotto le barriere tra i due mondi: molti giovani artisti, imprenditori, e molti stranieri hanno preso, casa proprio nella favela, portandola di fatto ad un livello di pericolosità notevolmente inferiore per esempio a “Jacarè”, oggi la più temuta per la presenza di narcotrafficanti.

Si arriva ai piedi della collina, e non si può proseguire in taxi; ovviamente hanno inventato il business dei moto taxi,  dunque per salire non hai altra scelta. Arrivati in cima si gode di un panorama spettacolare, come in tute le favelas, costruite sulle colline che danno sulle baie di Ipanema, Copacabana, Botafogo, Gloria, Flamengo, e molte altre. Alto do Vidigal ci accoglie una pannello sponsorizzato da Absolut Vodka, che recita “L’arte resiste, e la favela progredisce!” infatti molti sono gli eventi culturali, principalmente musicali che si susseguono al “Da Laje”,  un lounge bar degno di essere paragonato ad un locale di Ibiza o Mykonos.

Ho pranzato li, sulla veranda, davanti al meraviglioso spettacolo che la natura offre, la veduta della baia di Ipanema e Lagoa. La gente è molto ospitale, e non ho percepito particolare tensione, anche se davanti alla nostra moto c’era una jeep con 6 poliziotti con il mitra spianato… il conducente della moto li ha fermati ed ha chiesto loro se ci fosse in atto qualcosa di pericoloso, e gentilmente gli hanno risposto che era un controllo di routine, per il controllo dello spaccio, che tuttavia esiste, ma non come un tempo.

Dunque la mia esperienza di favelas è positiva, anche perché vado con unno spirito di condivisione della loro vita, non porto nè orologi di marca o catene d’oro (non le porto neanche in Italia), con un bermuda , una polo, sandali e zainetto, sarò pure un occidentale, ma non un turista in caccia di scoop. E dunque questo viene percepito e accolto con benevolenza.

Dietro al palazzo in cui abito, ad un isolato, sorge la favela Cantagalo, e 10 anni fa anche questa è stata integrata con un ascensore che evita agli abitanti i 1000 e più scalini per raggiungerla. Oggi molti turisti salgono e la percorrono con disinvoltura. Io ci vado ogni anno per il compleanno di Bahiana, una signora di 80 anni circa (non si sa esattamente quanti siano), che da 40 anni è la regina della spiaggia, vendendo ottimi sandwich, e tutte le specialità gastronomiche salate, e sono molte, da asporto.

Ci conosciamo da anni, sono un suo cliente abituale, e ogni volta che arrivo in spiaggia mi accoglie con un grande affetto, e il 25 agosto da una festa per tutti i suoi clienti, brasiliani, o stranieri, invitandoci nella sua casa nella favela cantagalo, a base di snack, caipirinhe, succhi e l’immancabile torta, da sempre con una candelina…. Allegria e buon umore sono il suo motto e dunque beni così preziosi si accettano più che volentieri.

Per concludere: una recente stima ha decretato che il 23% dei brasiliani vivono nelle favelas di tutto il paese, che è un continente per la verità tanto è immenso, e dunque immaginate quanti agglomerati, di varie dimensioni esistono in tutto il paese, da Nord a Suda, da est  ad Ovest . Per molti vivere nelle favelas è si uno condizione di povertà, speso miseria, ma difficilmente sradicabili, perché per loro è uno stile di vita, ed appartenere ad una comunità compatta e coesa come sono le favelas, per molti è davvero una volontà assoluta.

Il  sito “welcome to favelas”  spiega come raggiungerle, indica le visite guidate,  segnala quelle raggiungibile individualmente, sconsiglia quelle ad alto rischio, insomma se si seguono certi criteri, anche visitare una favela è un viaggio, è una conoscenza, una condivisione che arricchisce il nostro patrimonio di conoscenza.

Scoprire alte culture e tradizioni sono il sale della nostra esperienza di vita, e dunque dopo aver frequentato centinaia di ghetti in India, molto più disagiati delle baraccopoli brasiliane, nulla mi ferma davanti alla possibile contaminazione con comunità diverse dal mi stato sociale. Siamo esseri umani, ed è doveroso condividere, dare per ricevere.

Buon viaggio a chi si avventurerà nelle favelas brasiliane.