domenica, Novembre 24Settimanale a cura di Valeria Sorli

LE MANS ’66 – LA GRANDE SFIDA

Regia: James Mangold
Anno: 2019

Detroit, primi anni ’60. Il colosso automobilistico americano, la Ford, è in crisi di vendite e per rilanciare il proprio marchio decide di scendere in campo con la costruzione di un’auto da corsa e di sfidare la squadra della mitica Ferrari. L’impresa sembra impossibile e il team modenese guarda con sufficienza e ironia l’idea dei colleghi-rivali americani, ma tanta è la voglia di mettersi in gioco che i vertici Ford assoldano due autentici assi del volante: Carroll Shelby (Matt Damon), ex pilota e progettista, e Ken Miles (Christian Bale), collaudatore talentuoso pilota britannico.
Seguiamo così le vicende parallele dei due personaggi, realmente esistiti, dai caratteri antitetici – uno razionale, l’altro impulsivo e ruvido – eppure uniti da profondo rispetto e stimadurati una vita.              Passando attraverso la vita privata di Miles, padre di famiglia legato ai suoi affetti, le logiche del potere e dell’arrivismo aziendale, la fatica dei tanti collaudi e delle prove, alla fine la Ford mette in pista la sua GT40 per la 24 Ore di Le Mans del 1966. E i risultati sorprenderanno tutti.
Godibilissimo film,“Le Mans ’66 – La grande sfida” si segue con passione lungo le sue due ore e mezza per i caratteri dei personaggi ben delineati, la sceneggiatura classica e le avvincenti scene delle auto in pista, sfreccianti sullo schermo con montaggio serrato e rombo di motori in effetto digital surround.
Abile direttore di attori, l’eclettico regista James Mangold passa con disinvoltura di genere in genere (da “Ragazze interrotte” a “Quando l’amore brucia l’anima”, dal remake di “Quel treno per Yuma” al recente “Logan”), ma mantiene costante l’attenzione per la complessità e l’interazione dei personaggi e per la solidità del racconto. Cosa che avrà senza dubbio agevolato l’interpretazione dei bravi e affiatati Matt Damon e Christian Bale, qui in un’altra meticolosa trasformazione fisica per diventare un umanissimo (e mitico) Ken Miles.
Finale commovente che va oltre la gara che dà il titolo al film e guarda alla figura dell’uomo Miles e alle passioni, al suo talento messo in pista non per la gloria di un’industria, ma perchè nell’anima ha la stoffa innata del campione. Si fannoscommesse sulle prossime candidature agli Oscar.