Il musicista, scrittore e regista LORY MURATTI torna sulle scene con un nuovo progetto discografico ed editoriale: “TORNO PER DIRVI TUTTO” (https://linktr.ee/lorymuratti), il nuovo romanzo, edito da Miraggi Edizioni, che ha ispirato l’omonimo album (Riff Records / Freecom), anticipato in radio dal singolo “Due comparse perfide” e disponibile in versione CD, musicassetta e in digitale. In “Torno per dirvi tutto” Muratti tratta il delicato tema del suicidio, visto e narrato come una scelta estrema in cui possono convivere dolore e speranza. Negli 8 capitoli del libro così come negli 8 testi delle canzoni che condividono i luoghi, le atmosfere e i personaggi, il musicista, scrittore e regista intreccia vissuto e finzione per raccontare una storia in equilibrio tra ombra e speranza, morte e rinascita. Sullo sfondo si alternano città e paesaggi mitteleuropei, tappe del viaggio dell’io narrante ma anche dell’artista, che per scrivere il romanzo e i testi dell’album si è recato a Praga, Vienna, Parigi e sul Lago di Bled in Slovenia presso il Grand Hotel Toplice.
Il protagonista del romanzo è lo stesso Lory Muratti, che, fra le pagine del libro, si trasforma in un personaggio caratterizzato da un dono oscuro che attrae l’attenzione di chi è stanco di vivere e che ritrova in lui un complice ideale: un “facilitatore di suicidi”, votato ad accompagnare le anime alla deriva che lo riconoscono come un possibile traghettatore. Un “dono” che Lory ha ereditato dal padre, Andrea Muratti, sulla cui recente morte decide di indagare, combinando in un gioco di autofiction i piani della realtà e dell’immaginazione. Nel suo percorso esistenziale e narrativo, Lory si ritrova a fare i conti con il proprio lato oscuro, con il passato della sua famiglia, con la figura del padre, che sembra guidare i suoi passi anche oltre la morte, e con una misteriosa compagna di viaggio di nome Ecli.
A due anni di distanza dal tuo ultimo album, torni sulle scene con un progetto molto particolare che vede l’uscita di un romanzo e di un libro, legati tra loro dal titolo: “Torno per dirvi tutto”. Un titolo che alimenta la curiosità dell’ascoltatore e del lettore.
Il titolo è il biglietto da visita di un progetto caratterizzato da un periplo esistenziale e artistico che, da un lato, mi ha tenuto a lungo in cammino tra i luoghi di cui scrivo (Praga, Vienna, Parigi e il Lago di Bled in Slovenia) e dall’altro si è caratterizzato come un intenso viaggio dentro me stesso. In questo particolare moto (che immagino simile a quello di un pendolo) si sono alternate immersioni in apnea e risalite necessarie a prendere ossigeno per continuare la ricerca. Ogni volta che tornavo in superficie avevo la sensazione di trovarmi in una sorta di ritorno a casa ed ora che il quadro si è completato, mi sento come se fossi rientrato dopo una lunga assenza per raccontarvi tutto quello che ho raccolto e scoperto. È quasi sempre nel viaggio che si collezionano le esperienze più memorabili (sia esso fisico o figurato) ed è nel racconto di ciò che abbiamo vissuto che quelle esperienze trovano un posto indelebile nella nostra memoria.
Partiamo dal romanzo di cui sei anche il protagonista. Ci parli de Lory Muratti di cui scrivi? Come nasce questo personaggio caratterizzato da un “dono” oscuro con cui si ritrova a fare i conti?
Sono sempre stato affascinato dal confronto col proprio doppio. L’idea dello specchio, nell’arte, mi è parsa da subito quella più adatta a contenere la ricerca di cui mi sentivo chiamato a suonare e scrivere. Mi sono sempre sentito più attratto dall’opera di autori che fanno riferimento alla propria esperienza personale o che, quando toccano temi assoluti, lo fanno attraverso la miniatura del proprio sentire. Molto lontane dalla mia sensibilità artistica sono invece quelle produzioni che hanno una forte connotazione politico-sociale. Ammiro molto la capacità di chi riesce a confrontarsi con quel tipo di scenari, soprattutto apprezzo chi ha il bagaglio di esperienze adatto a dare voce in modo corale ai problemi del mondo, io però non mi sono mai trovato a mio agio con quel tipo di forma. Nella mia personale cosmogonia, l’universale passa sempre attraverso l’esperienza personale e così capita che i grandi temi si affaccino alla mia porta travestiti. La morte e in particolare il delicato tema del suicidio sono arrivati al mio cospetto così. In sordina hanno iniziato a occupare uno spazio molto importante all’interno del mio lavoro e l’insolito “dono” con cui il me di carta si trova a dover fare i conti ha proprio a che vedere con l’impossibilità di eludere il richiamo di chi, stanco di vivere, chiede aiuto in silenzio. Un grido che coloro che sono in procinto di compiere un gesto estremo, sembrano lanciare troppo spesso senza voce. Cosa questa che muove la mia totale empatia fino ad arrivare a ossessionarmi spingendomi di conseguenza a scriverne e al contempo ad ascoltare quel richiamo come fa il protagonista del libro.
Ascoltare e scrivere per provare a dare un senso e a tendere una mano a chi in quel tipo di pensieri non vede l’inizio di una storia, ma purtroppo la fine. Si deve parlare ad alta voce di certe zone del nostro sentire, anche trasformando e romanzando, ma portando in tal modo attenzione su un disagio che non smette di crescere e che, traducendosi in musica e parole, può acquisire una via in più per trasformarsi in dialogo.
Le 8 canzoni contenute nell’album hanno in comune con gli 8 capitoli i titoli, le storie e le ambientazioni. Un processo creativo particolare. Hai scritto prima il romanzo o l’album?
Il mio modo di produrre è caratterizzato da queste due anime che, sin da quando ho iniziato a muovere i primi passi autorali, si è manifestato in modo del tutto spontaneo. Da giovanissimo, quando vivevo qualcosa che mi toccava nel profondo, desideravo solo tornare a casa, rinchiudermi nella mia stanza e scriverne trasformando quel vissuto in un racconto. Nei giorni successivi le emozioni che erano scaturite dentro me in conseguenza all’accaduto, cambiavano forma portandomi al pianoforte o ad imbracciare una chitarra per provare a descrivere in musica quello che provavo. Era a quel punto che il racconto scritto di getto veniva in mio aiuto per la costruzione del testo in una chiusura del cerchio che innescava un profondo rapporto tra le due forme.
È nato in questo modo l’equilibrio in cui mi aggiro tra musica e narrazione crescendo fino a prendere il respiro di un romanzo e un disco di canzoni ispirate alla storia raccontata nel libro. Un rapporto che è ben lontano da qualsivoglia forma di calcolo a priori. I due volti dell’opera prendono vita in un dialogo continuo.
Nell’album c’è un featuring con Cristiano Godano. Cosa vi lega?
È complesso definire cosa ti lega a un amico dopo tanti anni di esperienze condivise. Sono però convinto che sia una sorta di naturale “riconoscimento” a innescare questo tipo di legami che, prima di essere artistici, sono essenzialmente umani. Non ha a che fare sempre con il somigliarsi, col fare le stesse scelte o col pensarla su tutto allo stesso modo. Credo sia più una forma di reciproca attrazione per ciò che l’altro sa fare bene o fa in un modo particolarmente vivido e intenso. C’è poi un simile modo di osservare le cose del mondo che ci circonda e un bagaglio comune che ci fa risuonare sulle stesse, poco frequentate, frequenze. È anche di questo che parla “Gli invisibili”, il brano che abbiamo voluto condividere per raccontare di coloro che si muovono ai margini di un mondo in cui le regole del gioco sono spesso fissate là dove non è invece per loro accettabile avventurarsi.
L’album è disponibile in 3 differenti formati: in digitale, in cd e in musicassetta. Un oggetto storico che, come il vinile, sta facendo il suo ritorno sulle scene. Che ricordi ti rievoca questo formato?
Oltre e forse ancor più del vinile, la cassetta ha rappresentato lo strumento con cui ho iniziato ad ascoltare musica da bambino. Mi seguiva ovunque e mi liberava dalla responsabilità di frugare tra i vinili di mia sorella rischiando di rovinarne qualcuno (si apprende in fretta che basta poco a far infuriare un collezionista di dischi). La cassetta era poi il contenitore ideale e primordio delle playlist personali. Nella benedetta era analogica in cui sono cresciuto, ogni gesto compiuto per raccogliere e organizzare la musica che si amava avveniva dal vero rendendo il tutto ben più memorabile di quanto, spiace dirlo, accada oggi con le piattaforme digitali. Sono evidentemente un nostalgico e ammetto di sentire enormemente la mancanza di quella magia fatta di piccoli gesti e di condivisioni reali. Cose preziose come l’emozione del creare una playlist registrando (letteralmente) una canzone dopo l’altra da una cassetta incisa a una vergine per poi confezionare tu stesso la copertina con foto adatte a descriverne il contenuto e infine regalare quel piccolo manufatto a qualcuno che desideravi scoprisse la musica contenuta al suo interno. Una musica che, arrivato a quel punto, sentivi come vostra e vostra soltanto. La cassetta di “Torno per dirvi tutto” ha un po’ questa volontà, consegnare a chi ascolterà una musica intrisa di emozioni reali che spero possa passare dall’essere mia all’essere finalmente nostra.
PH- Nicola Chiorzi
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