Il 23 aprile scorso la “rossa” ci ha lasciati. Tuttavia per lei lo spettacolo andrà avanti, per usare il titolo della canzone che portò nel 2007 al suo ultimo Festival di Sanremo, grazie all’immensa eredità artistica lasciataci.
Erano 10 anni che si era ritirata dalle scene a causa delle condizioni di salute precarie, causa non solo l’avanzare degli anni ma anche una vita intensa e logorante dedicata interamente allo spettacolo. Dieci anni di silenzio, talvolta di oblio mediatico, rotto nel 2018 dal Premio alla carriera a Sanremo, voluto a fuor di popolo, ritirato sul palco dell’Ariston dalla figlia Martina Corngnati. Possiamo solo immaginare il dolore che Milva possa avere provato in questi lunghi anni lontano dalla vita artistica, una carriera unica e inimitabile sotto ogni punto di vista. La “pantera di Goro” era a tutti gli effetti la diva per eccellenza grazie ad una presenza scenica senza paragoni, bellissima e curata fino all sua ultima apparizione in Rai a Domenica In condotta a suo tempo da Massimo Giletti; camaleontica e istrionica, era stata capace di trasformarsi in un’icona a teatro, vantando collaborazioni di altissimo livello lavorando con Giorgio Strehler e Luciano Berio, per trasformarsi nella voce simbolo del tango di Astor Piazzolla, senza contare i successi su tanti programmi televisivi in Rai. Record di presenze a Sanremo, milioni di dischi venduti, celebrity in tutto il mondo, star in Germania. Una vita consacrata all’arte dello spettacolo intesa nella sua più alta forma leonardesca, eccellente in ogni declinazione d’arte che lei stessa decideva di incarnare.
Abbiamo il piacere di incontrare il Maestro Giovanni Nuti, che realizzò l’album cult Milva canta Merini nel 2005 accompagnandola in un trionfale tour in Germania e Italia.
Maestro, se dovesse descrivere l’arte di Milva quale frase utilizzebbe?
Prenderei in prestito le parole di Alda Merini che, in alcuni versi che le ha dedicato, scrisse: “La poesia è una donna superba e ha la chioma rossa”. L’arte di Milva era fatta di talento vocale smisurato e di una versatilità di interprete che la facevano essere insieme popolare e raffinatissima. Poteva cantare sul palco di Sanremo e alla Scala con la stessa intensità e credibilità. E poi una presenza scenica e una gestualità così straordinarie che la rendevano un concentrato di sensualità e di bellezza da togliere il fiato.
Come vi siete conosciuti e com’è nato il progetto Milva canta Merini?
Milva non incideva più in Italia da 11 anni, dopo gli album e gli straordinari successi in Germania e i concerti e gli spettacoli teatrali in tutto il mondo. I suoi discografici italiani volevano che realizzasse un album “pop”. Ma lei era alla ricerca di un repertorio nuovo e originale. L’amico Dario Gay le fece ascoltare 2 provini delle canzoni che avevo scritto con Alda Merini (“L’albatros” e “Gli inguini”). Se ne innamorò immediatamente, volle vedermi e ascoltare altri brani. Insieme incontrammo anche Alda Merini e fu un incontro tra due personalità fortissime. Fu molto colpita dal nostro progetto musicale che univa musica e poesia e convinse il suo discografico a cambiare completamente “registro. Milva ha scelto e fortemente voluto le mie canzoni con i testi di Alda Merini e si è battuta per realizzare il nostro disco e di questo le sarò sempre grato.
Qual è il complimento più grande che Le ha fatto Milva durante il vostro lavoro insieme?
Ricordo che mi disse che le piaceva molto il timbro della mia voce, il mio modo di cantare e, in particolare, il mio vibrato.
Quando mi invitò ad essere suo ospite nel tour che fece in Germania nel 2005, mi disse che la stessa opportunità l’aveva data anche a Franco Battiato all’inizio della loro collaborazione e che si augurava che mi avrebbe portato altrettanta fortuna, perché amava le mie musiche e riconosceva in me, come in lui, un grande talento come compositore, oltre che come cantante. La sua stima naturalmente mi fece grandissimo piacere. Stare sullo stesso palco con lei era bellissimo. Ho avuto l’onore di duettare con lei in alcuni brani con i testi di Alda Merini e nel brano “Piedi adorati”, con il quale ci volevano a Sanremo, ma a cui dovemmo rinunciare appunto per il contemporaneo tour in Germania che era già programmato.
In questi giorni tutti i media hanno parlato molto di Milva. Crede che sia stata ricordata nel modo corretto oppure sia stato dimenticato un aspetto importante dal punto di vista artistico o personale?
Penso che il tributo che le è stato riservato, soprattutto da parte dei giornali, sia stato grande e importante, come è giusto che fosse, visto che è scomparsa una delle nostre artiste più straordinarie, forse la più conosciuta a livello internazionale. Guardo poco la televisione, ma in quel poco che ho visto in tv, forse per pigrizia o per propensione al gossip, è stato dato più spazio alla Milva cantante degli esordi e dei tanti Sanremo piuttosto che alla Milva della piena maturità artistica e della massima duttilità di interprete, vale a dire alla Milva di Brecht, Piazzolla, Jannacci, Battiato, Vangelis e della collaborazione con me e Alda Merini.
Qual è oggi l’eredità di Milva in teatro e in musica?
Grazie a Strehler, Milva ha lasciato il segno nel teatro internazionale come straordinaria interprete brechtiana ma la sua curiosità e la sua versatilità l’hanno fatta spaziare in tantissimiambiti, dal teatro musicale, alla prosa. Come cantante ha saputo fare suoi e valorizzare repertori diversissimi, dai canti della resistenza alle canzoni tra le due guerre, dalla canzone francese ai tanghi di Astor Piazzolla. Il suo timbro inconfondibile, la sua potenza vocale, la sua raffinatezza e duttilità sono stati esaltati a mio parere da compositori come Morricone, Vangelis e Battiato. E io sono molto onorato che mi abbia scelto come suo autore e abbia inciso “Milva canta Merini” con le mie musiche e anche il duetto “Piedi adorati” su testo di Paolo Recalcati. In più ho avuto il grande privilegio di condividere il palco e di duettare con lei come ospite del suo ultimo trionfale tour in Germania (23 date nei principali teatri tedeschi) e in tante date in Italia sia in location prestigiose (Teatro Strehler di Milano, Regio di Parma, Parco della Musica di Roma) che nei festival e nelle arene estive. Una grandissima scuola di professionalità e dedizione all’arte che mi ha fatto crescere anche come cantante e interprete.
Dal suo addio alle scene, Milva non è stata molto ricordata. Come giustifichi questo atteggiamento da parte dello showbusiness, se sei d’accordo con questa affermazione?
La “smemoratezza” dello showbusiness è vergognosa e ingiustificabile. E non parliamo del mondo discografico e della televisione. Perché le venisse assegnato il premio alla carriera a Sanremo fu necessaria una mobilitazione popolare e l’impegno e le pressioni di molti colleghi a cui mi associai volentieri anch’io.
Come mai all’estero Milva ha incontrato un’ovazione più alta rispetto all’Italia?
Purtroppo l’Italia è un paese provinciale che spesso sminuisce e mortifica i propri talenti per inseguire ed esaltare le effimere mode del momento. Milva invece è un’artista unica e originalissima che resterà per sempre. La magia della sua voce e il suo fascino assoluto rimarranno intatti nel tempo: un’icona meravigliosa di eleganza e bellezza. E per la sua capacità di crescere ed evolversi artisticamente, la sua curiosità, il suo studio incessante e la sua dedizione alla professione, che ne hanno fatto una delle poche artiste italiane internazionali, Milva dovrebbe essere presa ad esempio dalle nuove generazioni di artisti.