Barbato le colleziona, studia e poi le ricompone. Ne ha oltre 650
Collezionare chitarre ha un fascino speciale, così come suonarle o farne sfoggio con gli amici o i propri fan. Ci vorrebbe un capannone per contenerle tutte, specialmente se come Bruno Barbato appassionato di musica, vinili e modellismo, ne possiede 650. Tutte diverse, colorate e rielaborate proprio per assomigliare a quelle dei grandi rocker, partendo da un modello standard, mai anonimo, ma sicuramente privo d’originalità e dettagli. Eppure lui non abita in una reggia e i suoi gioielli li custodisce in vetrinette o impilate nelle scatole su una mensola, in cui ha riportato numero seriale e un’immagine per riconoscerle.
Si perché per poterle adoperare si dovrebbe diventare “grandi” come puffi.
“Tutto nasce nel 2010 quando acquistai la prima dopo averne viste in quantità sulle bancarelle – commenta l’autore – la prima fu quella doppia di Jimmy Page. Sono un accumulatore compulsivo, da quando mi sono piaciute ho incominciato a farne incetta, approfondendo la mia cultura sulla rete. Perché per poterle riprodurre fedelmente, occorre scaricare le foto dettagliate di ogni parte, ingrandendone ogni centimetro per avere un quadro completo dei dettagli. Essendo costruite in serie mancano i particolari: attacchi, spinotti, leve, interruttori sono da ricreare aguzzando l’inventiva e adattando quanto uno ha in casa per poterla rendere il più uguale possibile agli originali”. Si inizia a sverniciare riportando a legno la cassa, poi mano all’aerografo per la prima parte del progetto “L’essiccazione è la parte più lunga. Ogni parte dalla paletta ai manici hanno tonalità differenti, quindi armato di dremel e levigatrici mi adopero per ricostruirla in toto, differenziando i componenti”. E le parti non in commercio si ricostruiscono. “Ho un set di micro limette per costruire, adattandoli, molti pezzi che in passato mi sono rimasti in giacenza facendo modellismo d’auto, navi e moto. Le parti inutilizzate dei kit diventano una fonte inesauribile di trasformazioni. I battipenna sono in alluminio, il filo da pesca diventa una corda e lo spillo da sarta sostituisce la vite o il tenditore”. Non ci vuole un giorno, ma tanta pazienza per avere risultati ottimi “Anche tre settimane. Più è complessa la lavorazione, più sono gli strati di vernice da applicare. La chitarra di Rick Springfield ad esempio l’ho riprodotta con ogni tonalità della ruggine. Altre hanno piastre metalliche sul retro, finestrelle o addirittura molle applicate che io mi diverto a inserire adattando la cassa. Si perché se la cassa non è quella classica, la smonto, la ritaglio e la ricompongo per dargli ad esempio forme triangolari o arrotondate come quella di Rick Nielsen a 5 manici”. Una particolare è quella di Zakk Wilde “In origine l’artista credeva di avere tra le mani una chitarra unica. Poi gli fecero notare che era simile a quella di un collega. Lui la bruciò, applicandoci i tappi delle birre. Io ho ingrandito una foto originale, su carta adesiva ho riportato i vari tipi di birra e nello stesso ordine gli ho applicati sulla cassa. Un po’ di vernice nera dà l’effetto bruciato e il gioco è fatto. Dietro quindi c’è anche lo studio della storia di ogni pezzo”. Mancano però le tracolle “Se sono in cuoio, coloro con i pennarelli la superficie riproducendo le trame, diversamente come in un caso, ho tagliato una serie di chiodi per riprodurre un modello che in originale mostrava una cartucciera di bossoli. Pinzette e lenti d’ingrandimento sono fondamentali. Poi se trovo modelli simili, li acquisto anche doppi per realizzarne differenti pur partendo da una base comune”.
Cosa importante non li manda in commercio “Sono personali e visto che mi piace ammirarle ed essere perfezionista, ogni disegno, marchio o borchia mi piace realizzarlo al meglio. La soddisfazione maggiore è ottenere un’esatta copia. Maggiore la difficoltà di realizzazione, migliore sarà la soddisfazione personale”.