Alla Biennale Arte di Venezia i percorsi alternativi brillano di luce propria
Figurativamente “coltivare il proprio orticello” è sinonimo di mancanza della curiosità di andare oltre ciò che già si conosce, ma in questo caso non è esattamente di “orto” che si parla, bensì di giardini, con la G maiuscola in tutti i sensi.
Il riferimento botanico calza a pennello, in quanto i Giardini in questione sono quelli Napoleonici di Castello che, insieme all’Arsenale, sono diventati, nel tempo, sede istituzionale della Biennale di Venezia.
Negli ultimi anni però, l’esposizione internazionale d’arte si è estesa anche ad altre zone della città, crescendo, proliferando e favorendo l’utilizzo di sedi alternative, sia per padiglioni di Paesi che non avevano un loro spazio, sia per artisti e iniziative correlate.
Fin dalla sua fondazione, nel 1895, La Biennale di Venezia si è imposta come antesignana nella promozione delle nuove tendenze artistiche, organizzando manifestazioni nelle arti contemporanee secondo un modello pluridisciplinare all’avanguardia.
Oggi, andare a scoprire cosa c’è al di fuori delle due sedi principali è allo stesso tempo intrigante come una caccia al tesoro il cui premio è la soddisfazione di trovare talenti e valide iniziative artistiche, ed è anche un’opportunità per chi non è stato scelto come rappresentante del suo Paese, di esprimersi nell’ambito di un contesto artistico così specifico e di grande visibilità.
A Venezia è sempre tutto un po’ da scoprire, ricercare, capire, e anche in questo caso non ci sono itinerari prestabiliti, il che aggiunge piacere all’inattesa comparsa, per esempio, di manichini africani dentro a un chiostro, o di un grande cubo aperto, rivestito di foglie d’oro, all’interno di una chiesa. Alle Zattere, per giungere al padiglione di Antigua e Barbuda si passa, appunto, per l’iconica camera dorata intitolata: “The Death of James Lee Byars”, creata dall’artista venticinque anni fa per immaginare la sua morte, in seguito a una diagnosi di grave malattia. Il percorso dall’ingresso della chiesa al chiostro si presta alla scoperta graduale di risvolti inaspettati: in un contesto privo di relazione tra le due installazioni, “Find Yourself: Carnival and Resistance” racconta la storia di Antigua e Barbuda, mettendone in luce aspetti culturali, sociali e razziali. Con l’ausilio di elementi visivi viene raccontata l’origine del carnevale, la sua interpretazione e la sorprendente evoluzione artistica e culturale di un popolo oppresso dal colonialismo.
Passeggiando per le calli, cercando una cosa se ne trova un’altra, che a volte fa dimenticare l’itinerario previsto, ma non importa, perché nel percorso può capitare di incappare in installazioni davvero interessanti, o in una chiesa antica, aperta solo in questi giorni, che può essere visitata parallelamente all’arte contemporanea che ospita per l’occasione.
“Reagents”, in mostra nell’ambito del progetto Ospedaletto Con/Temporaneo, raggruppa artisti internazionali che interpretano il terzo principio della dinamica di Newton, secondo il quale, nell’interazione tra due corpi, la forza che il primo esercita sul secondo è uguale e opposta alla forza che il secondo esercita sul primo. Nella chiesa delle Penitenti, dietro l’angolo, affreschi di Tiziano e un piccolo altare realizzato da Palladio fanno da cornice alla mostra “Artists need to create on the same scale that society has the capacity to destroy: Mare Nostrum” (Bisogna che gli artisti creino nella stessa scala in cui la società ha la capacità di distruggere”), che enfatizza il potere dell’arte rispetto alla fragilità dell’ambiente in cui viviamo e alla gravità dell’impatto dei cambiamenti climatici sul Mediterraneo.
La natura si trasforma in arte nell’installazione “Living Rocks”, ai Mgazzini del Sale, in cui è stato riprodotto, in video, un fenomeno che avviene nel Lake Clifton in Western Australia. In rarissime occasioni nel lago si formano migliaia di tromboliti, strutture microbiche simili a rocce, che poi emergono dalle acque. Per tre miliardi di anni le tromboliti sono state gli unici organismi sulla terra. Dice l’artista James Darling: “L’installazione connette il presente all’inizio della vita. È una memoria delle nostre origini e una profezia del nostro futuro”.
Di eccezionale interesse e genialità estetica è la mostra “Dall’immagine alla forma”, dedicata a Pino Pascali, a cinquant’anni dalla sua scomparsa. È una celebrazione del lavoro dell’artista, uno dei massimi protagonisti della Pop Art e dell’Arte Povera italiana.
A proposito di celebrazioni, a cinquantasette anni dalla sua partecipazione alla XXXI Biennale, in cui emerse quello che è stato definito il suo “stile severo”, torna il russo Gely Korzhev con “Back to Venice”, Ritorno a Venezia. Nelle sale dell’Università Ca’ Foscari, sono esposte cinquanta delle sue opere, tra cui una serie di nudi, nature morte e alcuni splendidi ritratti, monumentali. Gli elementi principali della sua pittura sono illustrati in un video interattivo, anche se il suo eclatante uso del rosso non necessita di spiegazione.
È curioso l’utilizzo degli spazi in città e a volte la loro originalità colpisce quanto le installazioni che vi si trovano. Al Teatro Italia, è stata fedelmente ricreata la scrivania del Presidente degli Stati Uniti, posizionata sopra a un tappeto che ricorda quello dell’Oval Office della Casa Bianca, per la mostra “Hillary: The Hillary Clinton Emails”. I palchi del vecchio teatro si affacciano direttamente all’interno di un vero supermercato in cui la gente fa la spesa, ma il movimento sottostante di vita quotidiana non distrae dall’installazione, che rappresenta, alla lettera, i 60.000 emails di Hillary Clinton, rilegati e messi a disposizione dei visitatori per consultazione. Sfogliandone qualcuno a caso, non si trovano segreti di stato ma piuttosto il protocollo per una visita Buckingham Palace e regolari comunicazioni organizzative.
Per restare in tema di politica americana, il padiglione del Azerbaigian, con la mostra “Virtual Reality”, fa riflettere sulle “fake news”, reali o millantate, sui social media e sul costante uso del telefono cellulare.
Questa cinquantottesima Biennale veneziana sembra tener fede al tema proposto: “May you live in interesting times”, Possa tu vivere in tempi interessanti. Espandendosi, negli anni, è entrata in angoli della città prima inesplorati, con mostre e installazioni ad ingresso gratuito, che rendono la conoscenza dell’arte accessibile a molti. Nonostante i detrattori ritengano che tutto sia “ormai inflazionato” e paragonino le fiere d’arte a “supermercati”, incuriosire e mettere anche chi non è del settore nella condizione di potersi avvicinare a rappresentazioni culturali è importante. I “tempi“ diventano sicuramente più “interessanti” quando si è circondati da stimoli intellettuali. Bisogna inoltre precisare che a Venezia tutto è più artistico di quanto non sia nel resto del mondo, l’approccio è diverso, ed è per questo che qui si chiama ‘esposizione’ e non fiera, quindi i parametri di valutazione comune non sono applicabili.
La Biennale è un evento che sempre più, con il passare del tempo, si inserisce nel tessuto della città, come fili intrecciati nei telai delle pregiate aziende tessili veneziane famose nella storia. Come si dice in inglese: “it’s here to stay”, è qui per restare ancora a lungo, fedele alle caratteristiche con le quali è nata e attenta ai fenomeni d’avanguardia del nostro presente.
sweet bossa nova piano
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