E’ uno dei grandi nomi della musica italiana, firma di tanti successi nonché musicista poliedrico: Oscar Prudente si racconta a La Gente Che Piace. Lo incontro in un pomeriggio di fine estate a Varazze, città dove vive da alcuni anni. Sentire raccontare la storia della musica italiana da lui è un viaggio emozionante nella storia di tutti noi, tra episodi rocamboleschi, situazioni divertenti e particolari curiosi: la sua vita è musica, la sua musica è arte.
Oscar, partiamo dalla stretta attualità: come hai trascorso l’estate?
Ho trascorso l’estate a Varazze, città dove vivo da alcuni anni. In questi mesi sto ho lavorato intensamente
ad un nuovo disco interamente in genovese. Il tema è proprio il carattere del genovese, introverso, talvolta
misantropo ma sagace e intelligente.
Sei molto legato a Varazze?
Certo, qui la mia vita è cambiata. Ho vissuto a Genova l’infanzia e la giovinezza, per poi trasferirmi a Milano
e viaggiare tantissimo. Sei anni fa mi è stato chiesto dalla SIAE di occuparmi dello sviluppo di un masterclass per professionisti della musica di carattere internazionale che avrebbe dovuto avere come cuore pulsante nella villa di Francesco Cilea, il grande compositore che la donò alla SIAE. Purtroppo il progetto che prevede la riqualificazione artistico-architettonica della villa è ancora in alto mare a causa degli ingenti fondi necessari. Mi auguro che la situazione si sblocchi in qualche modo, al fine di poter realizzare questo magnifico progetto. Durante la mia nuova vita a Varazze però ho conosciuto mia moglie Antonella. Qui sono rinato.
Quante canzoni hai scritto negli anni?
Tante, ho superato gli 800 titoli!
Quando hai capito che la musica sarebbe stata la tua vita?
Mia mamma mi ha sempre deliziato con la sua magnifica voce, premetto. Eravamo una famiglia povera e studiare musica rappresentava un grandissimo sacrificio. Mi ricordo però che a 8 anni mi regalarono un’armonica a bocca: iniziai a suonare le canzoni di mia mamma e altri pezzi che avevo sentito. La passione per la musica era irrefrenabille, così i miei mi mandarono a scuola da un maestro. Dapprima iniziai a suonare la batteria e a 16 anni entrai in una piccola orchestra che si esibiva nei locali genovesi. Tantissima gavetta fino a quando incontrai per caso Luigi Tenco: la Genova di allora era ricca di autori, musicisti, cantautori. Incontrai Bruno Lauzi, De Andrè, Ivano Fossati e molti altri. Dopo tantissimi anni di gavetta, arrivarono i primi successi, la collaborazione con Mogol, Jesahel, Pensiero stupendo e così via.
Pensiero stupendo è uno dei brani più famosi della musica italiana: com’è nato?
All’epoca io e Fossati lavoravamo in stretto contatto. Le canzoni nascevano per caso, soprattutto di notte.
Mi era uscito un giro armonico molto intrigante: lo feci sentire a Ivano e lo sfidai nel completare la canzone dalla sera alla mattina. Ci riuscì! Avevo pensato questo canzone per Loredana Bertè ma quando la sentì provinata da me (effettivamente ero emozionatissimo nel vedere Loredana) la scartò. Rimase tre anni nel cassetto, fino a quanto fu data a Patty Pravo. Lei ne ha fatto un suo manifesto artistico. L’arrangiamento e la sua interpretazione sono stati magigici. Il resto è storia. Come vedi invece la musica di oggi?
Fortemente in crisi: le vendite dei dischi (anche se a breve anche i cd non esisteranno più) è minima. Internet ha dato il colpo di grazia a questo settore. Se mi chiedi cosa penso dei talent? Ti rispondo con un voto sotto lo zero. Sono show televisivi, così come Sanremo. La musica dal mio punto di vista nasce da un altro mondo, vive situazioni cantautoriali diverse. Successi eterni come quelli scritti da Mogol, Battisti, Fossati, Avogadro, Lauzi, De Andrè e molti altri ancora non avrebbero mai potuto essere incastrati in uno show televisivo…. Forse proprio per questo sono successi senza tempo?
Se ti chiedessi quali sono gli ingredienti per un pezzo di successo?
Mistero! Sicuramente una musica facile da ricordare, un arrangiamento azzeccato, un testo che sappia trasmettere un messaggio forte, la riconoscibilità dell’interprete. Poi arriva l’alchimia della musica, dell’arte, di questo flusso di energia attraverso le note.