Bologna 14 giugno 2023. Nel 1969 Jannis Kounellis porta 12 cavalli vivi in un garage di via Beccaria a Roma, allora sede della galleria L’Attico di Fabio Sargentini: una mostra che fece storia esattamente come, nel 1973, Contemporanea ideata e curata da Achille Bonito Oliva negli spazi del parcheggio sotterraneo di Villa Borghese a Roma. Ma senza andare così indietro nel tempo, nel 2015 l’Associazione BELLEARTI realizza la mostra ART DRIVE-IN, GENERALI: Percorso sotterraneo d’arte contemporanea nello spazio del garage dell’Agenzia Generali a Brescia, e tante gallerie hanno avuto la prima sede in spazi pensati per ospitare automobili e non opere d’arte.
Sulla scia di questa tradizione ma anche con l’idea di realizzare un progetto di arte “quasi” pubblica, Palazzo Bentivoglio presenta garage BENTIVOGLIO, una nuova serie di esposizioni ospitate in un piccolo garage con vetrina, su via del Borgo di San Pietro a Bologna.
L’idea da cui nasce il progetto è quella di presentare un pezzo unico che viene esposto in uno spazio – contenitore che adopera una vetrina come dispositivo di seduzione: l’opera viene teatralizzata come se fosse merce esposta, intrigante, capace di attrarre gli sguardi.
Dopo un primo appuntamento pilota che ha già incuriosito i passanti, attirati dall’opera di Davide Trabucco (Bologna, 1987) stilopòdi, dal 24 giugno l’artista – in occasione della 37° edizione del festival Il Cinema Ritrovato della Cineteca di Bologna (24 giugno – 2 luglio 2023) – proporrà un lavoro che è anche omaggio al cinema di Luca Guadagnino.
A partire da settembre invece, ogni mese, il garage ha pensato a un programma che vedrà scorrere davanti agli occhi dei passanti l’opera di un artista diverso.
Si comincia con Irene Fenara (Bologna, 1990) per poi proseguire con Matteo Nasini (Roma, 1976), Ico Parisi (Palermo, 1916 – Como, 1996), Agostino Iacurci (Foggia, 1986), Ilmari Tapiovaara (Tampere, 1914 – Helsinki, 1999) e Piero Fornasetti (Milano, 1913 – 1988).
«Di fronte ad una vetrina spesso capitiamo per caso, non intenzionalmente, e la contemplazione di ciò che viene esposto dura il tempo che il passante/flâneur ha a disposizione. – dice Davide Trabucco, curatore del progetto – L’idea di non avere testi critici, ma semplicemente autore e titolo, è anch’essa legata al principio da cui nasce lo spazio: se si tratta di un luogo di passaggio, tutto deve essere immediatamente visibile e percepito. Per Palazzo Bentivoglio rappresenta anche la volontà di far incontrare senza filtri la collezione privata a un pubblico più ampio, per rendere accessibili alcune delle opere custodite all’interno e interagire con il tessuto cittadino con un’azione discreta e diretta».
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