Nato dal genio di Giulio Romano e dall’ascesa di Federico II Gonzaga, due giovani uomini capaci di condensare nel loro impegno la gloria del passato e una grandezza da conquistare, Palazzo Te racconta un sogno fatto di trasformazioni, pace, eroismo ed erotismo, che ancora oggi affascina il pubblico di tutto il mondo.
In questo Palazzo-Wunderkammer l’omaggio all’Antico e la reverenza per il Gonzaga si intrecciano in uno spartito colto e raffinatissimo di rimandi letterari e mitologici, sapientemente pensati per provocare meraviglia. Due narrazioni spiccano sulle altre, dando vita a due opere immortali di Giulio Romano: la camera angolare con la Favola di Amore e Psiche, e quella dedicata alla Caduta dei Giganti, entrambe ormai entrate nell’immaginario visivo universale.
«Palazzo Te è una spettacolare macchina scenica e teatrale, composta da un sistema preciso di rimandi tra architettura, scultura, pittura, letteratura, mitologia, fantasia e scienza – commenta Stefano Baia Curioni, direttore di Palazzo Te –. Come se le arti assieme abbiano saputo sprigionare un luogo in cui ci si trasforma, proiettati in una dimensione fantastica, ancora più che arcaicamente mitica, in cui gli dèi sono o sembrano a portata di mano, nelle loro intimità, amori, avventure, battaglie, paure e vittorie. Illusione, gioco, utopia: Rabelais e Ficino, Ariosto e Raffaello, Aretino e Boiardo. Teatro estremo ed incompiuto».
Ed è proprio a partire dal percorso monumentale che si è voluti intervenire con il riallestimento delle sale introduttive con una nuova contestualizzazione della narrativa che coinvolge anche il percorso di visita, enfatizzando la forza immaginifica di questo straordinario luogo. Il visitatore viene accolto da un racconto coinvolgente sulla Mantova cinquecentesca e sul clima culturale e politico in cui Federico II Gonzaga e Giulio Romano danno forma la progetto di Palazzo Te. La straordinarietà del palazzo si presenta come un unicum nella storia delle committenze gonzaghesche e delle realizzazioni di Giulio: iniziato nel 1525 e concluso nel 1535, luogo di corte, intimità e festa, il Te ospita due volte l’imperatore Carlo V. La sua architettura, intercalata a pittura e letteratura, disegna un luogo in cui le drammatiche trasformazioni politiche del tempo si rispecchiano in un’agenda umanistica e politica. |
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DAL CAOS AL COSMO. METAMORFOSI A PALAZZO TE |
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Installation view Dal caos al cosmo. Metamorfosi a Palazzo Te, 2025 – Foto Gian Maria Pontiroli |
Dal 29 marzo al 29 giugno 2025, il percorso si arricchisce con la mostra Dal caos al cosmo. Metamorfosi a Palazzo Te a cura di Claudia Cieri Via, ideata in dialogo con gli affreschi del palazzo per riscoprire il senso e l’importanza di questo luogo come opera d’arte totale.
Attraverso un percorso di visita rinnovato dalla presenza di una selezione di capolavori del Rinascimento provenienti dalle collezioni del Museo del Louvre, dell’Albertina di Vienna, dal Museo del Prado, la Galleria Borghese e gli Uffizi, la mostra fa emergere in contrappunto gli innumerevoli riferimenti che possono scaturire da una lettura più approfondita dei tanti temi che il Palazzo mostra e custodisce.
Il percorso espositivo apre un dialogo tra le opere di Giulio Romano e di altri Maestri come Tintoretto, Correggio, Jacopo Zucchi, Rubens, Nicolas Poussin fino al contemporaneo Giuseppe Penone.
L’esposizione parte dalla Camera dedicata al poeta latino, con la prima sezione, Le Favole di Ovidio, che mette in relazione gli affreschi di Giulio Romano con un importante corpus di disegni conservati al Louvre e all’Albertina, che l’artista realizzò sugli stessi temi, che si possono ammirare nella successiva Camera delle imprese.
Si prosegue poi nella Camera del Sole e della Luna con La ciclicità del tempo in cui, sotto l’affresco del soffitto con il carro di Apollo e della Luna, trova posto una copia di Tutti li libri de Ovidio Metamorphoseos tradutti dal litteral al verso vulgar con le sue allegorie in prosa et istoratio, importante documentazione editoriale ad opera di Niccolò Degli Agostini, prestigioso prestito della Biblioteca Nazionale Centrale. Il volume era presente nella biblioteca Gonzaga e realisticamente Giulio Romano lo consultò per avviare il ciclo di affreschi mantovani, come testimoniato da dettagli presenti in questa versione e non nell’originale latina.
La Sala dei Cavalli, la più grande del Palazzo, ospita la sezione Virtù, Eros e Potere, in cui le incisioni del maestro Adamo Scultori Ercole che strangola il leone Nemeo e Ercole e Anteo, provenienti dall’Istituto Centrale per la Grafica, dialogano con gli affreschi monocromi della sala che le hanno ispirate. Parallelamente la Danae di Correggio di Galleria Borghese, il Ratto di Ganimede e La favola di Leda di Eugenio Cajés del Prado evocano il ciclo degli Amori di Giove che Federico II Gonzaga aveva commissionato a Correggio in occasione del soggiorno di Carlo V a Mantova, per raccontare le vicende amorose del padre degli dèi. Altro capolavoro esposto nella sala è la Minerva e Aracne di Tintoretto proveniente dagli Uffizi.
Il dialogo non avviene solo tra favole antiche ma anche tra autori. La sezione Eros e Sublimazione, all’interno della Camera di Amore e Psiche, approfondisce infatti il rapporto tra la narrazione ovidiana e quella di Apuleio. Il racconto del mito di Amore e Psiche, rappresentato nella volta, viene messo a confronto con la versione di Jacopo Zucchi proveniente dalla Galleria Borghese che, con la stessa cura dei particolari, rappresenta ogni oggetto presente nella stanza dove si incontrano il dio e la bellissima giovane. Altro importante confronto evidenziato è quello tra l’affresco di Giove e Olimpiade e l’omonimo disegno di Giulio Romano dell’Albertina, scena che mostra concretamente la trasformazione della divinità.
La Sala dei Venti è teatro della metamorfosi intesa come movimento continuo del cosmo, qui rappresentato da venti e costellazioni che influenzano i caratteri degli uomini, e come caos che attiva temi come il doppio, l’ibrido e la trasformazione di corpi e forme. In questa parte del percorso intitolata Dal caos, al doppio, all’ibrido, alle metamorfosi in movimento è protagonista il mito di Narciso, doppio per eccellenza, con Narciso alla fonte di Boltraffio proveniente dagli Uffizi, e quello della ninfa Eco narrato da Salmace e Ermafrodite dello Scarsellino in prestito da Galleria Borghese.
La Camera delle Aquile che custodisce sulla volta la Caduta di Fetonte, è lo scenario ideale della sezione Superbia, Punizione, Violazioni. Qui, tra gli stucchi della volta, la metamorfosi assume il significato di strumento d’inganno usato dalle divinità dell’Olimpo per insidiare giovani ninfe, tema raccontato da Nettuno rapisce Anfitrite di Giulio Romano e il Ratto di Proserpina di Rubens proveniente dal Musée du Petit Palais di Parigi, e probabilmente ispirato dal suo soggiorno mantovano nel primo decennio del Seicento.
Le Metamorfosi di Ovidio sono fonte di ispirazione anche per artisti contemporanei come Giuseppe Penone che nella sezione Perfomances della natura, nella natura presenta la sua Dafne in bronzo che cerca una sublimazione del mondo naturale e animale come la ninfa che per sfuggire alla violenza di Apollo si trasforma in pianta di alloro.
«La metamorfosi coinvolge anche la vita degli esseri umani, degli animali e delle piante, per arrivare a ibridazioni, deformazioni e cambiamenti ravvisabili anche nella letteratura e nell’arte contemporanea – spiega Claudia Cieri Via, curatrice della mostra –. In questa prospettiva, è stata scelta un’opera come Dafne di Giuseppe Penone, un artista che lavora sulla materia vivente con vigore esemplare e totalizzante, così come rivelano le annotazioni poetico-filosofiche che accompagnano i suoi disegni. Questa compenetrazione tra natura e materia, tra arte e poesia, emerge in modo molto affine nell’operato sia dell’artista quanto di Giulio Romano».
La sezione Dal mito alla storia antica ai trionfi propone un altro viaggio nel tempo con Aby Warburg di cui nella Camera degli Stucchi è visibile una foto della storica mostra del 1927, quando lo storico dell’arte amburghese progettò Ovid Austellung proprio partendo dalle Metamorfosi e studiando la sopravvivenza dell’Antico nell’arte del Rinascimento. I temi affrontati nelle sue tavole spaziano dall’inseguimento al rapimento, dalla morte sacrificale al sacrificio umano, dalla danza sacrificale al lamento funebre. Il testo di Ovidio si trasforma, secondo Warburg, “in uno scrigno di tesori per i valori espressivi della dinamica psicologica” che il progetto espositivo intercetta e collega puntualmente al percorso e agli artisti selezionati.
Dal Caos al Cosmo: il trionfo di Ovidio è la sezione conclusiva del percorso che, tra intrecci e rimandi diffusi in tutto il palazzo, vuole essere un omaggio a Ovidio stesso. L’importanza delle Metamorfosi, infatti, consiste nella radicale novità con cui il poeta – celebrato dal dipinto di Nicolas Poussin proveniente dalle Gallerie Nazionali di Arte Antica, Galleria Corsini in cui viene raffigurato il suo Trionfo nelle vesti di Giovan Battista Marino, il più grande poeta e letterato del Seicento – affronta l’argomento del mito che, dietro l’apparenza di favola, nasconde un alto significato morale. |