Tutti noi esseri pensanti e sensibili diamo importanza ai sentimenti, siamo legati a chi ci vuole bene, a chi ci fa battere il cuore, regalandoci emozioni come un sorriso, una lacrima, un abbraccio; tutto questo vale molto, la nostra vita si arricchisce. Nel vasto mosaico delle sensazioni che ci fanno commuovere, forse l’assenza di chi vogliamo vicino è quello che più ci tocca.
I Pink Floyd anni fa concepirono un concept album intitolato Wish you were here dedicato all’assenza, alla mancanza fisica di chi vorremmo vicino adesso.
Leggenda narra, e questa è una notizia che circola da anni ma che ormai è diventata ufficiale, che l’intero album sia dedicato all’ex leader e fondatore della storica band, Syd Barret, che si era ritirato dalla scena musicale anni prima, per problemi personali.
La mancanza del loro amico e fondatore, e un riff di chitarra eseguito dal chitarrista David Gilmour, nato così per caso, avevano stimolato la sensibilità artistica del leader del gruppo Roger Waters, il quale pensò che quella frase potesse diventare una canzone su cui fondare l’album.
Quel disco per i Pink Floyd era importante, venivano dal grande successo dell’album The Dark Side of the moon che aveva venduto milioni di copie; ora, per non andare a fondo e resistere simmetricamente al successo del lavoro precedente, ci voleva qualcosa che potesse toccare il cuore della gente, che entrasse nell’anima dei milioni di fan che si aspettavano molto dalla band, passi falsi non erano permessi, l’industria discografica voleva il successo.
Un riff di chitarra e tanto ingegno furono lo spunto per tornare a scalare le classifiche.
Il primo brano Shine on you crazy diamond (Continua a risplendere pazzo diamante) era una song con un’ampia parte strumentale che sfociava in un riff psichedelico e dava alla chitarra una parte predominante, Gilmour spaziava tra assoli lisergici e delay che facevano sognare, anche qui il riferimento all’ex leader è evidente e voluto, il brano aveva anche una seconda parte che chiudeva l’album.
Altri due brani Welcome to the machine e Have a cigar citavano, tra suoni lisergici, il tortuoso mondo del business musicale, le sue regole spietate legate ai soldi, insieme all’argomento dell’assenza era il secondo messaggio che la band voleva inviare ad i suoi fan. Have a cigar (cantata dall’ospite e amico Roy Harper) descrive la freddezza e la mancanza dei rapporti umani all’interno dell’industria musicale e dei suoi leader, quel mondo glacializzato, che iberna i rapporti umani fondando tutto solo sugli interessi economici.
Il disco stava prendendo forma, i suoni era definiti, i Pink Floyd erano più sicuri rispetto all’inizio, quando un giorno durante una sessione di registrazione un uomo calvo e in forte sovrappeso cominciò ad assistere alle prove della band negli Abbey Road Studios,nessuno lo riconobbe, molti pensarono ad uno spettatore qualunque, quell’uomo invece, destino volle che fosse Syd Barret, l’ex leader del gruppo, tutti rimasero attoniti di fronte alla sua presenza, nessuno si sarebbe mai aspettato di vederlo proprio in occasione di un disco a lui dedicato.
Il gruppo si riunì per parlargli, ma lui rispose con frasi sconnesse senza senso.
I Pink Floyd conclusero le registrazioni, e l’album ebbe un successo mondiale, forse è quello che nella loro lunga discografia rimane più impresso sia per la semplicità e la bellezza del brano che dà il titolo al concept, sia per il messaggio filosofico del disco.
Anni fa un mio amico disse una frase che mi rimase impressa nella mente, «sai quando ascoltoWish you were here mi commuovo sempre?»
Quel riff di chitarra e l’intero album ha toccato milioni di persone, tutti vorrebbero vicino le persone più care, quelle che non ci sono più o che adesso sono lontane per svariati motivi, quel bambino che piangeva quando si distaccava dai genitori il primo giorno di scuola molte volte riprende il sopravvento, alcune sensazioni non hanno età, non conoscono barriere e sono comuni a tutte le persone che hanno un’anima.
La chitarra è sul divano, prendo il plettro e suono l’intro di Wish you were here, penso a Gilmour e a quella frase di chitarra che ha fatto scendere una lacrima a milioni di persone, la musica vince sempre, perché rappresenta quello che sentiamo dentro, le note riescono a descrivere i nostri sentimenti.