A un anno di distanza dalla nuova versione del musical West Side Story, Steven Spielberg torna al cinema, questa volta per raccontare la sua storia famigliare e personale. E’ uno Spielberg inedito e intimo che parla della nascita della sua passione per il cinema, dei suoi rapporti con i genitori, dei primi amori e delle difficoltà d’inserimento negli ambienti scolastici di Los Angeles, dove essere fisicamente poco prestante ed ebreo era ancora discriminante.
Il piccolo Sam Fabelman, alter ego di Spielberg nel film, ha paura di andare al cinema e di trovarsi di fronte ad un mondo di giganti. Gli amorevoli genitori lo rassicurano che i film sono sogni indimenticabili e il padre, brillante ingegnere, gli descrive il prodigio di una macchina che fa muovere immagini fisse. Davanti al loro bambino, Mitzi (Michelle Williams) e Burt (Paul Dano) sono da un lato la fantasia, la tecnologia dall’altro, proprio le due componenti che rendono magico il mondo del cinema. In sala la proiezione de “Il più grande spettacolo del mondo” di Cecil B. DeMille fa il resto: quando Sam esce dal cinema, il suo avvenire è aperto.
Alcuni anni dopo, reclutando come figuranti le sorelle e i compagni di scuola, il giovane Sam comincia a girare con una piccola cinepresa film westerne di guerra nel deserto dell’Arizona. Un giorno, nel flusso dei suoi fotogrammi, Sam scopre aspetti insospettabili della vita dei suoi genitori, che sembrava un esemplare quadretto, segnata invece dall’amore della madre per un altro uomo, lo zio Benny, amico di famiglia. Si assiste così alla perdita dell’innocenza di Sam in uno dei momenti più lirici e intensi del film, quando proprio attraverso il montaggio di filmini girati in famiglia, attraverso il linguaggio delle immagini, si accorge di certi dettagli che gli erano sfuggiti in tutti quegli anni e che solo la macchina da presa è riuscita a catturare.
In seguito al trasloco a Los Angeles, dovuto ad esigenze lavorative del padre, arriva anche il divorzio e per Sam si apre un nuovo capitolo della sua vita: una scuola nuova, compagni nuovi, la scoperta dell’amore. Rifugiandosi nel cinema in 16 mm, nell’arte che è per lui espressione e relazione con gli altri, Sam cresce e diventa grande, con le porte della mecca del cinema pronte ad aprirsi davanti a lui per indicargli la strada dei grandi film.
Il papà de “Lo squalo”, di “E.T.”, della fantasia del cinema, ma anche di potenti e drammatici racconti, come “Il colore viola” e “Schindler’s List”, traccia un delicato, equilibrato, omaggio alla sua famiglia e un ritratto della sua formazione come uomo e come cineasta, in un film intimo e personale. Lo sguardo dello Spielberg adulto, che da sempre ha guardato realtà con la fantasia spontanea di un bambino, si ritrova nel piccolo Sam Fabelman quando, in una scena del film, accoglie il fascio di luce del proiettore nelle sue manine e guarda con occhi pieni di stupore e amore quelle immagini che scorrono davanti a lui, come su uno schermo.
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