Fino al 24 luglio 2020 presso Galleria Poggiali di Milano è possibile visitare We are All In the Same Boat. The weight of colour, la prima personale italiana di Olaf Breuning (Sciaffusa, 1970) Svizzero di nascita ma newyorkese d’adozione, a cura di Lorenzo Bruni.
Breuning si è fatto conoscere, tra le altre, attraverso le mostre personali in diverse autorevoli istituzioni come il Palais de Tokyo di Parigi, la Chisenhale Gallery di Londra, la Kunsthall di Stavanger, l’Institute of Modern Art di Brisbane e attraverso la partecipazione a biennali quali la Biennale del Whitney New York e la Biennale de l’Image en mouvement a Ginevra.
Olaf Breuning, per la sua mostra nello spazio milanese della Galleria Poggiali, in Foro Buonaparte 52, ha concepito un ambiente immersivo per riflettere su come gli attuali stimoli della vita quotidiana sono metodicamente registrati, metabolizzati e riproposti dagli “utenti” digitali. Esplicativo di questo approccio è la grande scultura al centro dello spazio che consiste in una scala di metallo, su cui è montata la sagoma in acciaio lucido di un volto stilizzato con al centro un cuore. La struttura bidimensionale diviene volumetrica e inafferrabile per effetto delle immagini che inesorabilmente riflette. Tale dimensione “multidisciplinare” e “multidimensionale” è adottata dall’artista per tutta la mostra fino anche all’installazione di disegni a china nera raffiguranti scene ‘possibili’, ma immaginarie, che suggeriscono un’inedita narrazione intima e corale.
Come scrive Lorenzo Bruni: “La ricerca di Breuning è da sempre attenta ai cambiamenti sociali e alle immagini usate in quanto strumenti di nuova ritualità. E’ interessante notare come negli ultimi dieci anni l’ironia paradossale dell’artista sia andata sempre più verso una dimensione ontologica, archetipica e universale. Le opere presenti nella mostra milanese – una grande installazione fotografia site specific e il suo ultimo video – introducono infatti indizi fondamentali sul suo attuale percorso. La prima opera è un’immagine di forte impatto visivo, sia perché occupa per intero una delle pareti dello spazio, sia per il soggetto trattato, ovvero un gruppo eterogeneo di persone che, in piedi all’interno di una barca in mezzo a un bosco, guardano fisse verso lo spettatore dando corpo al detto: “We Are All In the Same Boat”. La seconda è il video “Sunny”, in cui in primo piano appare il volto di un bambino intento a guardare un evento unico, che è negato alla nostra vista. In entrambi i casi si tratta di monumenti allo stupore, all’andare oltre le sovrastrutture culturali, di un invito a non sottostare al cosiddetto senso comune, ma di riflettere non solo sul ruolo dell’arte ma anche su quello dello spettatore consapevole in un mondo globale e a portata di click.”
Le opere presenti alla mostra We Are All In the Same Boat alla Galleria Poggiali sono di anni e soprattutto media diversi, sia site specific che immagini autonome, poste dall’artista in un nuovo stretto dialogo per far emergere domande ovvie quanto conturbanti: per chi sono i messaggi che produciamo giornalmente nel mondo del web e perché li produciamo? Olaf Breuning risponde mettendo al primo posto la dimensione esperienziale che ha a che fare con l’evento in tutti i suoi aspetti fisici e psicologici. Per questo motivo è forse più opportuno, piuttosto che parlare di site specific, definirla una mostra time specific, avendo a che fare con la messa in evidenza del tempo del processo dell’opera e della sua fruizione. Tale approccio è lo stesso con cui l’artista indaga, negli ultimi dieci anni, il concetto di colore nella società digitale e in relazione alla storia dell’arte, ovvero, con l’intento di dare nuova importanza al momento della manifestazione e trasformazione del colore, piuttosto che come semplice attributo di una forma.
Per rappresentare la mostra è stata scelta la fotografia “Happy painters” che, come spiega Lorenzo Bruni “costituisce una sorta di apice dell’approccio di Breuning e della sua attenzione a immagini apparentemente astratte in cui emerge l’istante della creazione o la messa in scena del colore. “Happy painters” consiste in un gruppo di pennelli colanti, ognuno di un colore monocromo, a cui sono stai applicati, antropomorfizzandoli, occhi e piedi di bambole; così il mezzo di produzione dell’opera pittorica diviene in questo caso il soggetto stesso, anche se l’aspetto di inquietudine deriva dal fatto che la comunità di pennelli, autonomi e spavaldi, appaiono come osservare e giudicare ciò che hanno di fronte a loro trascendendo la loro condizione di oggetti inanimati.”
In occasione della mostra sarà edito un catalogo con saggio di Lorenzo Bruni.
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